“La razzia dell’universo”. L’andriese Cinzio Violante e il belga Henri Pirenne sulla cesura nella storia europea, di Giuseppe Brescia.

Un secolo fa, lo storico belga Henri Pirenne ( 1862-1935 ), quando la sua Gand fu invasa dalla Germania militarista e nazionalista, finito in prigione da Crefeld al campo di Holzminden, ideò il corso sulla “storia d’Europa” e “La storia del Belgio”, per lenire il dolore, informare i compagni di prigionia, illustrare la storia patria ed europea nella “catarsi storiografica”. L’andriese Cinzio Violante ( 1921-2001), gran “Linceo”, passato dalla lezione di Federico Chabod all’ Istituto Croce alla Cattolica di Milano e alla Normale di Pisa, subì l’internamento militare in Germania durante il secondo conflitto mondiale, “come giovane ufficiale, appena avviato allo studio del Medioevo”.

E si ricordò, ancora una volta, di Pirenne e della tesi circa la continuità e cesura nella storia d’Europa, dedicandomi il libro “Uno storico europeo tra guerra e dopoguerra.

Henri Pirenne (1914-1923)”, edito dal Mulino nel 1998, che recava un altro “sopratitolo” significativo, “La fine della grande illusione”. La “illusione” era stata quella di una organizzazione mondiale per gli studi storici, destinata a finire dopo il Congresso di Oslo del 1928, per l’avvento del nazismo. La tesi fondamentale del Pirenne, ripresa anche nel postumo “Maometto e Carlomagno”, era che la “cesura tra mondo antico e medioevale era stata determinata dall’invasione islamica”. Già c’eran stati i cenni di Voltaire, Fustel de Coulanges, Dopsch e Dubos sul tema.

Ma la chiarezza di Pirenne restava un paradigma per la storiografia. Vediamo il capitolo III, “l’invasione musulmana”, della “Storia d’Europa”: “E tutto questo è opera di un popolo di nomadi, rimasto fino allora sconosciuto nei deserti pietrosi ( VIII sec. d. Cr. ), disprezzato da tutti i conquistatori, che contava un numero di abitanti infinitamente inferiore alla Germania.

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Ma recentemente questo popolo è stato convertito da un profeta uscito dal suo seno. Ha appena infranto i vecchi idoli per passare improvvisamente al monoteismo più puro che esista, e dei doveri verso Dio ha una concezione di una semplicità sconvolgente: obbedire ad Allah e costringere gli infedeli a obbedirgli. La guerra sante diventa per lui un obbligo morale che contiene in sé la sua ricompensa.

I guerrieri caduti in battaglia godranno delle beatitudini del paradiso. Per gli altri, il bottino dei ricchi sensali che da ogni parte circondano la povera Arabia, sarà il premio legittimo dell’apostolato militare. Non si può dubitare che il fanatismo, o se si preferisce, l’entusiasmo religioso, sia stato la molla che ha lanciato i Musulmani alla conquista del mondo. Fra le invasioni di questi settari, che si mettono in moto invocando Allah, e quelle dei Germani, che abbandonano il loro territorio solo per conquistare terre più fertili, il contrasto morale è evidente.

E’ certo tuttavia che l’organizzazione sociale degli Arabi li rendeva perfettamente adeguati al loro ruolo. Nomadi e poveri, erano assolutamente pronti a obbedire all’ordine di Dio. Gli bastava sellare i cavalli e lanciarsi all’attacco. Non sono, come i Germani, emigranti che si trascinano dietro donne, bambini, schiavi e bestiame; sono cavalieri abituati dall’infanzia a fare razzie di mandrie, ai quali Allah impone il dovere di lanciarsi in suo nome a fare razzia dell’Universo”. ( ed. Newton Comptom, Roma 1991, pp. 46 sgg.) Non è chi non veda, mutato il dovuto, l’attualità di questi passaggi, destinati poi a esser tenuti presenti anche dal Croce, nel carteggio con lo storico della stessa generazione (ora illustrato da Giuseppe Galasso, “La memoria, i valori, la vita.

Itinerari crociani” ( Il mulino, 2016) e nell’aneddoto delle “Nuove pagine sparse”, sull’ esempio della perenne “interpretazione” dei documenti storici ( Napoli, Ricciardi 1947, vol. I ), oltre al celebre discorso “Perché non possiamo non dirci cristiani” del 1943. Ora, è evidente che non si tratta di pura e semplice “violenza cieca”, dettata dai “trafficanti d’armi”, come a volte si ostina a opinare Papa Bergoglio, dal momento che è la “razzia dell’ Universo” ( come la definisce Pirenne ) a dettare l’uso delle armi, anche fatte in casa, con viti e bulloni, schegge e prodotti chimici. “Natura” è “nascimento delle cose”, diceva Vico. E qui è in tragico ballo il “nascimento” bellicoso dell’islamismo.

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Nè vorremmo che si profilasse all’orizzonte, apocalittico e pichiano, una sorta di “integrazione” di più “integralismi”, che passando dalla “distruzione” o “decreazione” del mondo e dei valori artistici ( v. Palmira, Libia, statue del Budda, e via ), mirasse alla “creazione” di un “mondo nuovo”, “Brave New World”, ‘à la Huxley”, congiurando in questo falso solidarismo sociale da un lato, ingegneria genetica e sostituzione demografica dall’altro. “Che Dio disperda la profezia!”, ripetiamo con Luigi Sturzo.

Giuseppe Brescia

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