16 aprile San Benedetto Giuseppe Labre: il santo dei poveri che passò da Andria. La Storia ricostruita da Nicola Montepulciano “rifiutava la carità”

“Si ricorda oggi, 16 aprile, San Benedetto Giuseppe Labre, nato il 26 marzo 1748 ad Amettes, Francia, morto a Roma il 16 aprile 1783. Canonizzato da Papa Leone XIII nel 1881, è il Santo protettore dei Senzatetto, dei Mendicanti, dei più poveri fra i poveri” – lo ricorda il ricercatore andriese Nicola Montepulciano in occasione dell’onomastico del Santo.

Conduceva una vita di povertà estrema, non chiedeva carità, che, anzi, rifiutava, si nutriva poco, anche di scorze di frutta o di erbe che trovava; se qualcuno, vedendolo malridotto in salute gli offriva del cibo, appena poteva lo offriva a sua volta a uno più bisognoso di lui. Scelse di vivere in pellegrinaggio, per questo fu soprannominato “Il vagabondo di Dio”, visitando i Santuari cattolici più famosi dell’epoca. Non poteva mancare, perciò, di venire in Andria, nel 1771, per visitare il nostro Santuario della Madonna dei Miracoli, allora famosissimo “ a causa dei grandi miracoli in qualità e numero. … Dai PP. Benedettini riceveva la minestra del ristoro e dormiva sotto il portico del Santuario”. Visitava pure le chiese delle città per le quali passava e così fece pure ad Andria. E qui per la prima volta da quando iniziò a pellegrinare si vide esposto alle irrisioni ed insulti da ragazzacci villani e maleducati. Nel vederlo miseramente vestito e nel suo atteggiamento di modestia, lo accolsero prima con urla e fischi, poi con lanci di pietre, una delle quali, ben grossa, lo ferì ad una gamba”.

“Un maestro calzolaio Luigi Ricciardi, per capire la causa dello schiamazzo, uscì dalla bottega e vedendo Benedetto Giuseppe sanguinante arse di sdegno contro quei delinquenti e li mise in fuga. Lo invitò nella sua bottega, ne lavò e fasciò la ferita e gli fornì ristoro. Il calzolaio visse quasi cent’anni, all’opposto, lo sconsiderato giovinastro feritore morì qualche giorno dopo cadendo da un muro. Quando veniva in città Benedetto Labre passava il giorno in adorazione nella Cattedrale o in altre Chiese, la notte dormiva in via Arco Marchese, sotto un arco che ora non esiste più. Volle visitare la chiesa di San Nicola ma il sagrestano nel vederlo lacero nelle vesti e consunto, anziché muoversi a compassione, lo scacciò in malo modo dandogli uno schiaffo ( altra violenza !) dicendogli: << Vai a lavorare ché sei giovane >>. Ma il Canonico D. Andrea Jannuzzi rimproverò aspramente il sagrestano e avvicinatosi al Pellegrino gli fece varie domande. Seppe così che era francese, che visitava i Santuari in espiazione dei suoi peccati (!) e dai suoi modi il Canonico si convinse di avere di fronte un Servo di Dio. Evidentemente D. Andrea Jannuzzi seppe fare astrazione delle brutture esteriori (vestiti laceri, emaciazione,  scarsa cura della persona) e colse sia la bellezza esteriore ( si dice che Benedetto Labre fosse bello in volto ), sia interiore ( la santità del giovane ). Lo volle con sé e gli fece confezionare dal calzolaio di famiglia, Domenico Garbetti, un paio di scarpe adatte ai viaggiatori, quelle che calzava erano ormai parvenza di scarpe. Il giovane francese tornò due giorni dopo per prendersi le scarpe, ma anziché calzarle, ringraziando il benefattore, le pose nel sacco del suo misero equipaggiamento. Si era prefisso di non indossare cose nuove perché contrarie alla virtù della povertà volontaria che aveva abbracciato. Incontrò in via S. Bartolomeo una donna scalza e mosso a compassione le disse:<< Sorella, tu hai bisogno più di me, mettiti queste scarpe>>.

Nella foto: il ricercatore Nicola Montepulciano sotto una grande quercia ad Andria

“La donna, stupita per tanto regalo ricevuto da un “ pezzente “, pensò di venderle per far denaro. Ma propose la vendita proprio a chi le aveva fabbricate, cioè Garbetti. Questi esclamò :<< Ecco cosa vuol dire far del bene a questi vagabondi >>. La donna, arrossendo, disse; << non me le ha vendute, me le ha date per carità e le vendo per altre mie necessità più urgenti>>. Il Garbetti, sorpreso, raccontò l’avvenimento al Canonico Jannuzzi, il quale, dandosi la mano sulla fronte ripeteva:<< Lo dicevo che questo giovane era un Santo! Il volto me lo annunziava chiaramente >>. Ritrovatolo lo condusse a casa sua e ordinò alla sorella di “ trattarlo con buoni brodi finché si tratteneva in Andria, acciò si ristorasse della emaciazione e debolezza in che si trovava”. Ma il giorno dopo non comparve. Andria, che gli era diventata cara perché aveva ricevuto maltrattamenti in nome di Gesù, gli diveniva fatale perché cominciava a tributargli onori e venerazioni che egli rifiutava. “ Il fatto delle scarpe divenuto comune in poche ore, aveva richiamato su de’ suoi cenci la maraviglia e la stima di tutta la città”.

“Verrebbe proprio da considerare San Benedetto Giuseppe Labre protettore dei calzolai di Andria perché Luigi Ricciardi, maestro calzolaio, lo aveva difeso, curato e rifocillato, meritandosi lunghissima vita, mentre Domenico Garbetti gli aveva fabbricato le scarpe e raccontando l’accaduto al Canonico Jannuzzi contribuì a confermare il concetto di santità che aveva intuito” – conclude Nicola Montepulciano. 

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