Autoincoronazione di Federico II e preparazione del materiale “attractum” per Castel del Monte: rispondenze astronomiche e ipotesi storiografiche, di Giuseppe Brescia

Federico II Svevia
Federico II Svevia

Esattamente un anno prima dell’equinozio di Primavera del 1230, epoca in cui combaciano le coincidenze stellari tracciate da Italo Calvino per “Andria” nelle “Città invisibili”, il 17 marzo del 1299, in Gerusalemme, dalla Cupola della Roccia ( forma circolare mirabilmente ripresa nella armonia ottagonale del Castello ), presso la Basilica del Santo Sepolcro, lo “Stupor Mundi”, “Puer Apuliae” e “Freno dei potenti” si autoproclama Re di Gerusalemme, fatto segno di ripulsa e mancato riconoscimento da parte del Patriarca: premessa per la delusione e conseguente rientro a Brindisi il 1° maggio da parte dell’ Imperatore. Nella sterminata bibliografia federiciana, castellare e sveva, si ripropone un angolo visuale parzialmente “inedito”, frutto anche del rinnovato interesse per il “grande racconto degli astri”, scevro tuttavia d’ogni tentativo di generalizzazione esclusiva, qual si deve alla epistemologia originale di Giorgio De Santilana o alla esegesi mito-poietica di Piero Boitani ( per tacer d’altri ). Ora, l’equinozio primaverile del 1299 cade il 13 del mese di marzo. La mappa del cielo di Gerusalemme alla alba del 17 marzo 1299 – all’orizzonte Est e Sud – porge ancora una corrispondenza parziale con il cielo di Andria. In effetti, si ritrovano le stelle di Alpheratz, Antares ( nella costellazione dello Scorpione ) e Cefeo. Soltanto la quarta stella, Capella, si presenta quasi 10° al di sotto della linea dell’orizzonte: e quindi non risulta visibile al sorgere del sole, ma a partire dalle ore 6,40 del mattino ( quando già, cioè, l’Imperatore svevo la poteva vedere e ‘rammemorare’ al momento della propria autoconsacrazione, cui il culto delle scienze matematiche e astronomiche, appreso – tra l’altro – da Michele Scoto, porgeva protezione e riparo).

Si può dire che quanto del quadro delle costellazioni spettanti l’alto evento era parzialmente “de-centrato” nel 1299, finalmente si ritrovava “con-centrato” e “compatto” nell’equinozio di Primavera del 1230, data della attestazione di “Fidelis”, per “Andria” ed eventi collegati ( Porta Sant’Andrea, Convento di San Francesco, programma edilizio castellare, riappacificazione con il Papato ).

Le scienze storiche possono ben avvalersi degli apporti delle scienze ausiliarie, con gli strumenti che queste vanno di mano in mano perfezionando ( demografia, statistica, “scienze camerali”, storia dell’arte e dell’architettura, astronomia e archeo-astronomia ), se pure ai fini della più larga comprensione etico-politica delle vicende e dei drammi, di ricomposizioni e travagli che il “fiume fangoso” delle istorie rappresenta ( come dicevano gli illuministi napoletani, studiati da Franco Venturi ). Certo, la data di incoronazione di Imperatori, Principi e Signori trattiene un alto valore simbolico. Non a caso, Nicola Iannelli, dei cui preziosi apporti mi valgo, ha potuto stabilire – su solide basi – la ipotesi di datazione del Salone dei Mesi a Schifanoia, proprio con codesti strumenti, esattamente al 18 maggio 1452, data della trionfale ascesa al potere di Borso d’Este, Duca di Ferrara. Analogamente, e precedentemente, l’investitura o autoinvestitura del genio svevo a Imperatore e Re di Gerusalemme offre la traccia per la ricerca di un programma stellare propizio, il cui “stemma” si ripropone e adempie soltanto nel portale del maniero, “Diadema” o “Corona di Puglia”.

Ne consegue suggestiva ipotesi di rilettura, e reinterpretazione filologica, del documento primigenio in cui, da Gubbio, l’imperatore dà precise disposizioni al Montefuscolo di raccogliere il “materiale di risulta, adunato con opere di onore”, ai fini del completamento della esecuzione di Castel del Monte. Sul punto essendosi versati fiumi d’inchiostro tra medioevisti, storici dell’arte, filosofi della storia e del mito, sarà in questa sede sufficiente alludere a una “pista d’indagine”, che parte tuttavia ineludibilmente dal carattere controverso delle prime “cronache”. Ed è la quistione del famoso “attractum” di cui discorrono le Cronache di Riccardo di San Germano, a proposito del materiale preparatorio ordinato ( e menzionato ) da Federico, ma la cui datazioneè dubbia, essendo stata interpolata dal copista, e aggiunta a cifre arabe, quando nel Medioevo di epoca federiciana erano ancora in uso le cifre romane. Generalmente, si interpreta come il 29 gennaio 1240 ( “Riccardi de Sancto Germano notarii Chronica”, Edizione Gaudenzi, Napoli 1888; Huillard-Breholles 1859; Kantorowicz 1976; Emanuele Merra 1895; Willemsen-Odenthal 1978; Tavolaro 1976; Maria Losito 2003; Raffaele Licinio 2011 et alii ).

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“Datum Agubii XXVIII Ianuarii XII Indict.
” è il testo riferito dall’erudito locale Riccardo Napolitano ( “Castel del Monte”, Andria 1926 ). Ma il sistema di computo cronologico delle “indizioni”, di cadenza quindicennale”, di origini fiscali antichissime e poi serbato in evo antico e nel Medioevo, porterebbe al 1238-1239, non al 1240: e si riferisce, comunque, a un testo, oggetto di dispute ermeneutiche, che il cortese lettore vorrà qui riconsiderare.“Federicus IIus, Romanorum Imperator, Ierusalem et Sicilie Rex, R. de Montefuscolo, Iustitiario Capitanate. Cum pro Castro, quod apud Sanctam Mariam de Monte fieri volumus, per te licet de tua iurisdictione non sit, instanter fieri velimus actractum, fidelitati tue precipiendo mandamus quatenus actractum ipsum in calce, lapidibus et omnibus aliis opportunis fieri facias sine mora, significaturus nobis frequenter quid inde duxeris faciendum; tale in hoc studium habiturus ut sicut hoc specialiter sollicitudini tue commictimus, sic etc”.

Empiricamente, alcuni studiosi si son ristretti e intendere “actractum” per “astractum”, termine che nella tarda latinità vale “lastrico solare”, al cui assetto si riferirebbe dunque l’editto federiciano per Riccardo di Montefuscolo: azzardata congettura che impone di correggere antistoricamente il “volumus” ( vogliamo ) in “voluimus” ( volemmo), come se Federico avesse inteso iniziare dall”alto o dal tetto la costruzione del mirabile “sonetto di pietra”(come lo diceva Gregorovius) ! Curiosamente, tale assurda congettura sopravvive in parte ai giorni nostri, presso ‘storici’ che per carità di patria ometterei di menzionare. Ma il “Glossarium mediae et infimae latinitatis” del Du Cange aiuta a identificare il senso più appropriato di “attractus”, “attractum”, come “acquisitio”, “acquisto o raccolta di materiale”; e del consimile “attraytum”, come “Rudera, Gall.(ice) demolitions, illa maxime, quae a pari etinis attrahi possunt”. Che vale, cioè, in questa seconda, ma affine, accezione: “Rottami, ruderi di edifici più antichi diroccati, in lingua franca ‘materiali di demolizione’, e specialmente quei materiali che possono esser tratti dalle macerie e utilizzati per costruire”.

Ma c’ è una seconda glossa esplicitata nel Du Cange, su cui pongono attenzione il Napolitano (1895) e il Barbangelo ( 1988 ): ‘Adtractum’, in quanto “acquisitio illa praesertim, ut arbitror, quae labori fit vel industria, in quo distinguitur a ‘comparato’, quod fit dato pretio”. Non senza ulteriore rinvio alla voce “adtrahere”, il cui lemma precisa: “Sunt qui ‘comparatum’ volunt esse id, quod dato pretio, ‘conlatum’, quod gratuito quaeritur. ‘Adtractum’ denique, velut merces industriae et lucrum laboris obvenit”.

In nostra lingua: “Acquisitio, è ( come ritengo) soprattutto quella che si ottiene grazie alla laboriosità o operosità; nella qual cosa, si distingue dal termine ‘comparato’, che sta a indicare ciò che si guadagna pagando un determinato prezzo”. D’altra parte, inoltre: “Ci sono alcuni che ritengono che ‘comparatum’ stia a indicare ciò che si ottiene pagando un determinato prezzo; ‘conlatum’, quel che si cerca gratuitamente, o a titolo grazioso. Mentre, infine, ‘adtractum’, è ciò che spetta, o ci tocca, come frutto della operosità e giusta ricompensa di un lavoro”.

Ora, tutto ciò riporta al materiale “recuperato” con “operosa laboriosità, “industria”, dagli antichi edifici diroccati, e cioè all’epoca della difesa federiciana di Gerusalemme, già danneggiata durante la Quinta Crociata da Al-Kamil, poi recuperata con parziale ricostruzione della Torre di Davide e della Porta di Santo Stefano ( cfr., tra l’altro, Georgina Masson, “Federico II di Svevia”, Rusconi Libri 1993, pp. 173-176 ).

1229 – 1230 – 1238/39, allora: come dire, dalla Cupola della Roccia e dalla autoproclamazione a ‘Re di Gerusalemme’, al progetto di sistema castellare e attestazione di ‘Andria fidelis’ meritevole di protezione astrale, sino al dispositivo di utilizzare il ‘materiale di risulta raccolto nei luoghi sacri con meritoria laboriosità’. Questo appare il giro più attendibile, sia filologicamente che storicamente, delle varie tappe ideative e fasi costruttive del pluri-prospettico Castello di Puglia, o di Andria, ma da cui “tutta la Puglia viene scoverta” ( come disse l’abate cisterciense Placido Troyli nella su “Storia del Reame di Napoli“).

Considero, infine, ora l’aspetto astronomico, in riferimento all’ultimo atto della ricostruzione: il 29 gennaio 1238, o 1239, ’40 ( quando le “disposizioni delle costellazioni non differiscono molto”: Nicola Iannelli ), “da Gubbio”. Orbene, la posizione dei pianeti citati cambia in maniera significativa: nel senso che sono percepibili nel medesimo campo visivo, ma a distanze enormemente dilatate, e frontalmente opposte. Con l’alba a Est, sono al centro Alpheratz e piùin alto ( come al solito ) Cefeo; all’estremo lato Nord, è Capella; e al polo opposto, Sud, l’Antares. Le coordinate cosmiche, care a Calvino ( interprete dis-occultato di “Andria” ) e al divino Imperatore e mago del Dugento, sono disallineate; ma presenti bensì, e come se tendessero a una riconvergenza prospettica, che solo nell’ “opera” sarà con laboriosità e industria ( in questo caso ‘ermeneutica’, su basi astronomiche ) conquistata.

Cav Giuseppe Brescia – Libera Università “G.B.Vico” Andria

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