Per un’astrofisica neokantiana e neoeinsteiniana – di Giuseppe Brescia

buco neroHa suscitato emozione e scalpore la recente scoperta dell’astrofisico Xue-Bing WU dell’Università di Pechino, in collaborazione con altri Laboratori e Osservatori ( Yunnan, Multiple Mirror Telescope, Las Campanas in Cile, Gemini North alla Hawaii), a proposito di un “buco nero”, o meglio della “quasi stella” o “quasar” che lo circonda,
costituito da una massa pari a 12 miliardi di stelle come il Sole; con una luminosità pari a 420 trilioni di volte quella dello stesso; ed a una distanza di circa 12,8 miliardi di anni luce dal nostro pianeta.

La “scoperta” è stata pubblicata sulla più accreditata rivista scientifica internazionale, “Nature”, nel febbraio 2015; ed è stata ripresa, e commentata, da Emanuele Perugini sul “Messaggero” di Roma del 26 febbraio 2015 ( alla pagina 23: “Il buco nero dei misteri” ). Dal momento che la distanza equivale al tempo, in base ai principii della teoria einsteiniana della relatività generale, un buco nero dotato di codeste proprietà consente legittimamente di formulare la “ipotesi” ( “Ipotesi-teorie-critiche”, è la legge del metodo formulata da Karl Popper) per cui la luce emessa da questo smisurato corpo celeste si sarebbe liberata quando l’Universo aveva appena 900 milioni di anni di vita. “Troppo poco tempo” – notano Xue-Bing Wu ed il recensore Perugini – “per arrivare a generare un buco nero di tali proporzioni” – “Questo quasar è davvero unico. Scoprire che questo quasar ha emesso la radiazione che abbiamo studiato appena 900 milioni di anni dopo il Big Bang ci ha letteralmente galvanizzato”.

Il recensore ricorda il film “Interstellar” dell’inglese Christopher Nolan, il cui paradigma scientifico è basato propriamente sugli studi di Kip Thorne, a proposito della teoria dei buchi neri, insieme a quella della straordinaria compresenza dell’universo a cinque dimensioni insieme all’altra, “classica”, delle tre dimensioni. Nel rinviare ai miei saggi “Da Bruno a Escher: la biblioteca celeste di Interstellar” e “Genio e perspicacia, a proposito di Christopher Nolan”, osservo che un Quasar di enormi dimensioni ( molto più grandi del “Gargantua”, di cui parlano Thorne e Nolan ) dovrebbe aver “ingurgitato” una galassia pari alla Grande Nube di Magellano in “appena qualche centinaio di milioni di anni” ( Adriano Fontana, INAF, o Istituto Nazionale di Astrofisica ).

Tre sono le ipotesi avanzate: 1) Non sappiamo ancora molto dei buchi neri ( Non pare esservi dubbi in proposito ); 2) All’inizio del Big Bang forse i buchi neri dovrebbero essere stati più grandi di quelli che osserviamo ora in fasi evolutive più vicine; 3) Si dovrebbe retrodatare il Big Bang. Siamo effettivamente – come usa dire con più o meno elegante proprietà – “ai confini della conoscenza”. Dando ovviamente per scontata, e ripetuta, la personale incompetenza specifica, ma anche ricordando – con il Popper – i limiti della “scienza normale”, mi azzarderei a formulare altra “ipotesi”, che desume sempre i fondamenti dalla “Analitica dei principii” della kantiana “Critica della ragion pura” del 1781 ( Kant, come è noto, si occupò anche di Cosmologia ).

In siffatta dotrina, agiscono le forme ideali del tempo “successione-simultaneità-permanenza”, dall’ultima delle quali hanno tratto ispirazione la costante universale della luce nella formola di Einstein e quasi tutte le “filosofie dei valori” ( idealismo, storicismo, fenomenologia, psicologia trascendentale ) del pensiero moderno e contemporaneo. Ma la tripartizione di successione simultaneità e permanenza, per essere compatta, postula anche un attivo ripensamento della stessa categoria della “simultaneità”, del “tempo del tempo”, del “tempo” giunto alla “acmé”, alla culminazione, del suo stesso farsi ( v. il mio “Tempo e Libertà”, Lacaita, Manduria 1984; con “Epistemologia ed ermeneutica nel pensiero di Karl Popper”, Schena, Fasano 1986 ). Dunque, non sarebbe fuor di luogo avanzare una “quarta ipotesi”, certamente audace. per il “buco nero dei misteri”: – E se il “tempo” fosse stato persino “più veloce” ( per dir così, certo prosasticamente ), nella immediata “prossimità del Big Bang” ?! Anziché retrodatarne la equiprobabile stima, è il vertice della simultaneità, atta a sfidare persino le leggi della relatività generale e ristretta, ad aver prodotto il fenomeno di una immensa “voracità” del Quasar, in grado inghiottire un’intiera Via Lattea appena 900 milioni di anni dopo il Big Bang.

Bisognerebbe forse ripensare le “classiche” trasformazioni di Galilei, Lorentz ed Einstein, alla ricerca di un “Paradigma” che ospiti i nuovi dati emersi dalle recenti scoperte e li ricomponga in un quadro unitario. “L’intelligenza è dono di Dio” (dicevano i nostri padri ).

Giuseppe Brescia

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