Andria e la fine ingloriosa dell’antico Chiostro esterno di Sant’Agostino (oggi mercato comunale)

“Stiamo assistendo a chi cerca di portare se stesso sulle sue spalle ancora oggi imbrattate di una polvere che non tiene lontano le politiche trasandate. Spolverare o spolverarsi di dosso le politiche intrise di una muffa atavica come quelle che hanno invaso il Chiostro di Sant’Agostino è difficilissimo. Quel Chiostro è noto come il Mercato Vecchio comunale di via Flavio Giugno” – ricorda il signor Vincenzo Santovito, cittadino andriese e presidente della storica L.A.C. – Libera Associazione Civica di Andria, nonché membro del Co. Ado, il Comitato di adozione del 1° Vicolo San Bartolomeo di Andria “la strada più piccola al mondo”.

Una fine ingloriosa per un chiostro collegato ad un santuario antichissimo, tra i più antichi del territorio (la Chiesa di Sant’Agostino di Andria, che ha radici medievali). Otto colonne centrali, con chiari rimaneggiamenti forse rinascimentali. Oggi quel chiostro che avrebbe molto da raccontarci sulla Storia del territorio, giace quasi dimenticato, affetto da una serie di problematiche, in primis l’evidente caduta di pezzi di intonaco.

“In tutti questi lunghissimi anni” – prosegue Santovito in un comunicato giunto alla nostra redazione – “sono rimasti in silenzio, al buio. Soltanto in questo tempo hanno aperto gli occhi. In tutti questi anni sono rimasti a tendere ed a rallentare le corde di uno strumento così raro chiamato politica. Non hanno viaggiato fino al Chiostro. Si erano allontanati dalla realtà, vagando. Adesso si sono presentati davanti dicendo: eccoci, siamo tornati!”

“Non ci sono ricorrenze da festeggiare. Perché siete tornati? Quante volte avete mostrato il vostro volto? Tantissimi sono gli anni che con le vostre parole avete distratto le menti con vaghe dolcezze. Un’oscura via state attraversando. Non abbiamo più luce da offrirvi. Anche i nostri sentieri si sono incupiti e non troviamo più luce e uscite. Come si può prendersela con le nefandezze degli altri quando sono proprio loro che provengono dalla cloaca della politica aristocratica?”

“Ispidi vi mostrate come mostri con tutta la peluria sulle vostre braccia ed il viso. Con rare parole, in silenzio, vi lasciate ondeggiare con passi silenti come felini con zampe felpate in cerca di prede per soddisfare le vostre idee politiche ormai cadute nel profondo dell’ade.
Chi interviene per il recupero del Chiostro non rispolvera la sua casacca di appartenenza politica di quando sedeva nei banchi del consiglio comunale di Andria, indossando la fascia del tricolore di primo cittadino inorgogliendosi di essere la prima donna ad onorarsi di tale pregio come Sindaco. E’ trascorso un quarto di secolo da allora. Altri tempi! Quando tutto si lasciava andare nella totale decadenza. Si costruiva “abusivamente”; si rilasciavano concessioni edilizie dove si potevano chiudere stradine anziché aprirle. Vedi via Pigafetta e mons. Frascolla“.

 

Si nascondevano soldi nei loculi del cimitero, non si metteva mano alla legge 167 di edilizia popolare. La legge regionale nr. 56/80 Piano Regolatore Generale, la 40/86 Piani di Recupero. Poi c’è stato l’avvento della legge che si può eleggere il primo cittadino direttamente da quel popolo che a tutt’oggi sta sopportando i dolori e le ferite lasciate e tramandate proprio da chi oggi interviene per la salvaguardia del Chiostro di Sant’Agostino“.

“Non spolverando dalla mente che proprio chi si lamenta oggi sosteneva politicamente il sindaco di allora che intervenne con soldi pubblici ad un restauro del Chiostro con i risultati sotto gli occhi di noi tutti bruciando e non spendendo bene quei milioni delle nostre nostalgiche lire ammufffitesi anche loro”.

Nell’anno 2005 come Comitato del Borgo Antico intervenimmo per la salvaguardia del Chiostro che già allora mostrava tutta la sua vanità del restauro (…) Troppa acqua è scorsa sotto la ruota di quel mulino che doveva macinare una buona politica linda come la farina a doppio zero che doveva uscire da sotto quelle macine. Oggi quelle ruote continuano a girare a vuoto. Non c’è più nulla da macinare. Tutto quel buon grano della nostra carissima e amata città è stato macinato tramutato in farina ottima per i tanti politici che si sono riempiti i sacchi di quando le vacche erano grasse. Ora quella vacche si sono insecchite e procurano dolori che proprio chi gestiva la decadente politica ci ha tramandato e lasciato sotto un cumulo di cenere dove nessuna Fenice può più risorgere né tantomeno potete convincerci che abbiamo un mare dove chi non sia più illibata. Bagnarsi in quel mare si può riacquistare la verginità. Coprite le vostre pudenze. Non potete nascere due volte come un fanciullo della doppia porta”.

“Non crediate che ancor oggi abbiate da scoccare frecce infuocate e infiammando i nostri cuori con le vostre orribili torce di un apolitica decadente e spenta. Credete ancora di gettare erbe magiche nella fonte dove noi possiamo ancora annebbiarci delle vostre promesse colme di fandonie? Perché adorarvi ancora? Ormai tutti quelli che vediamo sono soltanto le vostre ombre. Cercate altrove e ovunque altri santi per salvarvi dai vostri peccati. Non vogliamo più di tanto inquietarci mentre noi abbattiamo cespugli pungendoci e voi tutti altri vi prendete gli uccellini”.

“Per buona memoria proprio via De Excelsis “la chiancata” e via Flavio Giugno erano il fulcro del commercio dove esistevano banche, uffici postali, negozi di oreficerie, scarpe, macellerie, sartorie, radio, lampadari, bigiotterie, il barbiere mastro Giulio e la “Buona Stampa”. Che bei tempi!” – conclude Santovito.

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