Andria: a proposito di pini “secolari” e “maestosi”: la replica di un ecologista conservazionista allo pseudo-ambientalismo

“Sono stato oggetto di parole molto pesanti per aver proposto l’abbattimento di due pini ritenuti “secolari” e “maestosi”, vegetanti sull’ampio marciapiede di viale Gramsci. In tutta la vasta area che comprende v.le Gramsci, la ex villa comunale e la pineta non potrebbero esistere pini centenari per il semplice fatto che furono messi a dimora a partire dal 1940“ – lo ricorda l’ecologista andriese Nicola Montepulciano. In passato Presidente della locale sezione del WWF (nonché ancora oggi socio della nota associazione ambientalista), Montepulciano ha così replicato alle critiche di alcuni nostri concittadini riguardanti la ferrea posizione dello storico ricercatore indipendente:

“Quelli dell’ampio marciapiede di v.le Gramsci furono piantati fra il 1940 e il 1950, quelli della villa (!) comunale fra il 1950 e i primi anni del 1960. I dati relativi alla villa mi furono riferiti dall’ex sindaco di Andria, dott.. Marano quando, io giovanissimo, lo intervistai per conto dell’Oratorio Salesiano che voleva formare un gruppo di ragazzi aperti ai problemi della città. Quasi tutte le conifere dell’area menzionata hanno una vita stentata per vari motivi. Alcune muoiono perché vegetano in terreno non idoneo, infatti, una buona parte dell’area ha terreno formato da materiale di risulta di vario genere. Altre muoiono per malattie, altre per scarso spazio, altre abbattute dal vento, altre per substrato molto compatto, come dimostrato dai lavori per interramento del tratto urbano della Ferrotramviaria, altre muoiono o crescono stentate perché messe a dimora vicino alle case e le fondamenta impediscono un sano sviluppo. I pini possono raggiungere 200-250 anni, mentre in ambiente urbano l’aspettativa si dimezza ( da IL PINO DOMESTICO: GESTIONE E RELATIVE PROBLEMATICHE), sempre che il terreno sia idoneo. La mancanza di condizioni idonee porta a sviluppare radici superficiali con poco potere ancorante“ – ha ricordato Montepulciano che ha quindi proseguito:

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I pini hanno uno sviluppo rapido, possono raggiungere grosse dimensioni e perciò è molto facile attribuire loro molti e molti anni di vita. Che io sappia, gli unici modi per valutare oggettivamente l’età di un albero sono: la data certificata di messa a dimora ( per es.: ricerca archivistica, testimonianze scritte in varie circostanze, etc.), e il conteggio degli anelli di accrescimento. Ma, tralasciando tutti questi aspetti, la prima osservazione concreta è che le conifere non appartengono alla flora del territorio di Andria e nemmeno della maggior parte della Puglia che viene chiamata “regione delle querce”. Invero, in tutta la Puglia si conoscono due piccole fitostazioni per una specie di conifera, il pino d’Aleppo, (di incerta origine) e sono:

Taranto ed il Gargano limitatamente al settore nord-orientale (PAESAGGIO NEL GARGANO, pag, 164 e seguenti). Per altre due specie di pini, domestico e marittimo, si hanno forti dubbi sul loro indigenato. Le conifere in genere mal si adattano al nostro territorio e anche per quanto detto prima crescono male e un segno è dato dalle radici che non riescono ad andare in profondità, si sviluppano in superficie. Quando sono messi a dimora sui marciapiedi li dissestano fortemente come nel caso del marciapiede di v.le Gramsci, ma non solo” – ha osservato Montepulciano che ha proseguito:

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“Nel caso specifico un pino si trova troppo vicino all’abitazione. Come si legge nel testo “ CONIFERE E GRANDI ALBERI” pag.61… “lo sviluppo dell’albero non deve disturbare lo spazio abitativo e le vie di accesso al medesimo (attenzione alle finestre e alle grondaie), e nel contempo rispettare alcune esigenze pratiche, quali la posizione di impedimenti nascosti nel terreno ( fognature, cavi elettrici, condutture d’acqua, fondamenta della costruzione ) o aerei ( linee elettriche o telefoniche)”. Come si vede nella foto, il pino ha superato il parapetto del terrazzo e lo sta invadendo” – ha sottolineato Montepulciano che ha provveduto ad inviarci il seguente scatto fotografico:

“La continua caduta degli aghi fogliari può ostruire l’imbocco della grondaia, impedire lo scolo dell’acqua piovana e allagare il terrazzo. Inoltre, a pag. 65 si legge: “Può anche essere interessante ricordare che il terreno sottostante le chiome delle conifere, acidificato dal depositarsi degli aghi che si rinnovano, non è il luogo migliore per lo sviluppo delle erbe” (e piante ndr ). Più drastico è un altro testo “CURA DEL PRATO” dove a pag. 63 si legge: “Conifere e prato non sono buoni conviventi, perché questi alberi lasciano cadere sostanze tossiche per il tappeto erboso che ne procurano il diradamento e, alla fine, la morte”. Ora, ho scritto che al posto dei pini è bene piantare alberi a sviluppo arbustivo che possono raggiungere una altezza di 4-5 metri al massimo e con sviluppo radicale molto contenuto e tutti quelli da me citati sono a foglie larghe. Tutte le foglie larghe contribuiscono alla “purificazione dell’aria”. Infatti, sempre nel testo “CONIFERE E GRANDI ALBERI” a pag. 94 si legge:

“Le polveri e i prodotti catramosi e oleosi presenti nell’aria sono trattenuti dalle superfici fogliari; l’effetto è tanto più efficace quanto più le foglie sono larghe e rugose. La presenza di ozono sulla superficie delle foglie sterilizza la componente batterica del pulviscolo depositato, con conseguente depurazione batteriologica dell’aria. L’assorbimento di anidride carbonica e la conseguente emissione di ossigeno contribuiscono alla depurazione chimica dell’aria”. Come si dice oggi, questo è uno dei servizi ecosistemici che le piante possono offrire. Per contro in un circostanziato studio fatto da LEGAMBIENTE-CARRARA su “Pino domestico (Pinus pinea)” al capitolo 8 si legge: … “Ma una lamina fogliare molto stretta (aghiforme) e un apporto così limitato di acqua,( materia prima indispensabile per la fotosintesi) comportano una scarsa efficienza della fotosintesi”….La limitata capacità di rifornimento idrico condiziona anche l’anatomia microscopica degli aghi, altamente specializzati nell’evitare anche la minima perdita d’acqua per traspirazione…”. Tutto questo comporta una notevolissima differenza fra l’ombra delle conifere e quella delle latifoglie:

l’ombra delle latifoglie è molto fresca, quella delle conifere è calda, poco gradevole. Tutte le piante basse messe a dimora dal “riservato mecenate del verde” sono a foglie larghe e già svolgono quei servizi ecosistemici che i pini non potranno mai offrirci. Perchè, allora, fare ricorso ad essenze di dubbia autoctonia, che, almeno nel nostro territorio, sono di dubbia utilità? Tutti sappiamo quanto bisogno abbiamo di aria pura nella nostra città“ – ha concluso Montepulciano che ringraziamo per questa nuova illuminante ricerca.

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