“I pini hanno uno sviluppo rapido, possono raggiungere grosse dimensioni e perciò è molto facile attribuire loro molti e molti anni di vita. Che io sappia, gli unici modi per valutare oggettivamente l’età di un albero sono: la data certificata di messa a dimora ( per es.: ricerca archivistica, testimonianze scritte in varie circostanze, etc.), e il conteggio degli anelli di accrescimento. Ma, tralasciando tutti questi aspetti, la prima osservazione concreta è che le conifere non appartengono alla flora del territorio di Andria e nemmeno della maggior parte della Puglia che viene chiamata “regione delle querce”. Invero, in tutta la Puglia si conoscono due piccole fitostazioni per una specie di conifera, il pino d’Aleppo, (di incerta origine) e sono:
Taranto ed il Gargano limitatamente al settore nord-orientale (PAESAGGIO NEL GARGANO, pag, 164 e seguenti). Per altre due specie di pini, domestico e marittimo, si hanno forti dubbi sul loro indigenato. Le conifere in genere mal si adattano al nostro territorio e anche per quanto detto prima crescono male e un segno è dato dalle radici che non riescono ad andare in profondità, si sviluppano in superficie. Quando sono messi a dimora sui marciapiedi li dissestano fortemente come nel caso del marciapiede di v.le Gramsci, ma non solo” – ha osservato Montepulciano che ha proseguito:
“Nel caso specifico un pino si trova troppo vicino all’abitazione. Come si legge nel testo “ CONIFERE E GRANDI ALBERI” pag.61… “lo sviluppo dell’albero non deve disturbare lo spazio abitativo e le vie di accesso al medesimo (attenzione alle finestre e alle grondaie), e nel contempo rispettare alcune esigenze pratiche, quali la posizione di impedimenti nascosti nel terreno ( fognature, cavi elettrici, condutture d’acqua, fondamenta della costruzione ) o aerei ( linee elettriche o telefoniche)”. Come si vede nella foto, il pino ha superato il parapetto del terrazzo e lo sta invadendo” – ha sottolineato Montepulciano che ha provveduto ad inviarci il seguente scatto fotografico:
“La continua caduta degli aghi fogliari può ostruire l’imbocco della grondaia, impedire lo scolo dell’acqua piovana e allagare il terrazzo. Inoltre, a pag. 65 si legge: “Può anche essere interessante ricordare che il terreno sottostante le chiome delle conifere, acidificato dal depositarsi degli aghi che si rinnovano, non è il luogo migliore per lo sviluppo delle erbe” (e piante ndr ). Più drastico è un altro testo “CURA DEL PRATO” dove a pag. 63 si legge: “Conifere e prato non sono buoni conviventi, perché questi alberi lasciano cadere sostanze tossiche per il tappeto erboso che ne procurano il diradamento e, alla fine, la morte”. Ora, ho scritto che al posto dei pini è bene piantare alberi a sviluppo arbustivo che possono raggiungere una altezza di 4-5 metri al massimo e con sviluppo radicale molto contenuto e tutti quelli da me citati sono a foglie larghe. Tutte le foglie larghe contribuiscono alla “purificazione dell’aria”. Infatti, sempre nel testo “CONIFERE E GRANDI ALBERI” a pag. 94 si legge:
“Le polveri e i prodotti catramosi e oleosi presenti nell’aria sono trattenuti dalle superfici fogliari; l’effetto è tanto più efficace quanto più le foglie sono larghe e rugose. La presenza di ozono sulla superficie delle foglie sterilizza la componente batterica del pulviscolo depositato, con conseguente depurazione batteriologica dell’aria. L’assorbimento di anidride carbonica e la conseguente emissione di ossigeno contribuiscono alla depurazione chimica dell’aria”. Come si dice oggi, questo è uno dei servizi ecosistemici che le piante possono offrire. Per contro in un circostanziato studio fatto da LEGAMBIENTE-CARRARA su “Pino domestico (Pinus pinea)” al capitolo 8 si legge: … “Ma una lamina fogliare molto stretta (aghiforme) e un apporto così limitato di acqua,( materia prima indispensabile per la fotosintesi) comportano una scarsa efficienza della fotosintesi”….La limitata capacità di rifornimento idrico condiziona anche l’anatomia microscopica degli aghi, altamente specializzati nell’evitare anche la minima perdita d’acqua per traspirazione…”. Tutto questo comporta una notevolissima differenza fra l’ombra delle conifere e quella delle latifoglie:
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