Andria: “basta con i cinghiali, i lupi non ce la fanno a predarli tutti. Rischio desertificazione e malattie” – l’ecologista Nicola Montepulciano contro un ripopolamento sbagliato e disonesto

Lunedì 25 aprile 2022 segnalai la presenza di una carogna di cinghiale sulla Andria-Castel del Monte. Era lì da alcuni giorni e nessuno ne diede notizia, segno che vedere un cinghiale morto è un fatto abituale, non desta più meraviglia. Il numero di cinghiali in Italia, per la quasi totalità ungheresi, è semplicemente insostenibile, pazzesco: oltre 2 milioni, che procurano una serie infinita di danni a natura, persone e cose. Questa specie di cinghiale, praticamente, non ha antagonisti, animali che lo possano predare. L’unico predatore di cinghiali dovrebbe essere il lupo. Ma quanti lupi ci sono in Italia? Circa 3.000-3500, in base all’ultimo censimento conclusosi qualche mese fa e i dati sono stati resi noti dall’ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) in contatto con il Progetto “LIFE WolfAlps Eu“. In base a questi numeri, si può ritenere che i lupi possano ridurre il numero dei cinghiali? No, è impossibile o quasi, se non altro per l’altissima prolificità dei cinghiali ungheresi” – osserva l’ecologista andriese Nicola Montepulciano che ha proseguito:

“Per ogni cinghiale ucciso dai lupi ne nascono tanti. Inoltre, un branco di lupi non è in grado di predare un cinghiale di oltre un quintale di peso e quand’anche dovesse farcela, quel cinghiale assicura il pasto per due o tre giorni, quindi qualsiasi branco non uccide un cinghiale al giorno. Magari fosse! E questo nonostante il fatto che quel cinghiale serva da pasto anche a branchi di cani randagi, che per questo aumentano di numero. Ma i lupi possono anche cibarsi di animali trovati morti nei campi come cavalli, vacche, pecore, etc. E preferiscono predare animali meno feroci e meno combattivi come cervi, camosci, caprioli, (e io aggiungo daini), tornati a ripopolare varie zone d’Italia dove costituiscono un concreto pericolo di desertificazione e per questo si procede all’abbattimento selettivo di questi ungulati. In Puglia vi sono, si dice, 250.000 cinghiali e se anche vi fossero 500 lupi, cosa completamente impossibile, non ce la farebbero a ridurre sostanzialmente la presenza dei cinghiali. E questo nonostante vi siano bracconieri che cacciano cinghiali un po’ tutto l’anno come mi riferivano alcuni partecipanti ai convegni sui temi ambientali che frequentavo e frequento. I cinghiali, come alcuni altri animali, possono tramettere varie malattie fra cui leptospirosi, brucellosi, epatite E, e, tanto per gradire, pure le zecche. Da molti mesi si è manifestata nei cinghiali la peste suina africana (PSA) che, fortunatamente, non si trasmette all’uomo, ma nelle zone in cui si è accertata l’infezione sono stati adottati provvedimenti drastici e drammatici:

abbattimenti di tutti i maiali allevati in zona. Mangiano di tutto. Piante piccole e grandi e non si limitano a nutrirsi della parte aerea, ma anche delle radici, ad es.: di una orchidea mangiano anche il bulbo che sta sottoterra, sicché in quel dato punto non avremo più orchidee: dove passano questi cinghiali alloctoni resta il deserto. E’ facile, allora, immaginare cosa ne sarà della Murgia: deserto. E quando si nutrono di plantule di querce ne impediscono, di conseguenza, la crescita e quindi la possibilità di catturare carbonio: ulteriore danno all’ambiente. Sebbene molto raramente, possono nutrirsi di piccoli animali come gli agnelli. Ma un mio amico agricoltore ambientalista anni fa mi riferì che gli sbranarono il cane. Tutti ormai sanno che invadono campagne ed orti. Nell’orto della masseria di San Vittore curato da ex detenuti nell’ambito del progetto diocesano “Senza Sbarre”, i cinghiali hanno distrutto tutta la produzione orticola. Qualcosa di desolante, come ho avuto modo di constatare. E’ da immaginarsi la forte frustrazione subita dagli orticoltori per il raccolto distrutto, frutto del lavoro che poteva costituire un passo verso l’ autostima. E’ tempo di procedere alla graduale eliminazione e tentare di sostituirli con quelli italiani, con la “sus scrofa meridionalis“, sarda, o con la razza maremmana, più piccoli e adattati alla nostra natura. Ci vorrà tempo, si capisce, ma bisogna cominciare a ridurre notevolmente la loro devastante presenza, non possiamo continuare a scherzare con la nostra vita. Troppe persone l’hanno già persa, altre sono rimaste ferite più o meno gravemente. I vari progetti proposti lasciano alquanto perplessi, fra cui un impianto mobile di macellazione (fantomatico). Bisogna farsene una ragione. Sono ecologista da moltissimi anni, proteggo e difendo la natura per migliorare la qualità della vita, ma se per difendere una specie animale o vegetale non appartenente alla nostra natura si causano morte e danni, come posso sostenere di migliorare la qualità della vita?” – ha concluso l’ecologista Nicola Montepulciano.

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