Andria-Castel del Monte: «a cadere è stato un cipresso americano. Meglio sostituirli con querce autoctone, dotate di apparato radicale più resistente» – l’analisi di Nicola Montepulciano

Nella foto: Nicola Montepulciano con accanto una delle querce più grandi del territorio andriese

«La caduta di un albero sulla strada che da Andria porta a Castel del Monte induce a considerazioni sulle specie di alberi stranieri molto presenti, purtroppo, sul nostro territorio. Dalle foto pubblicate sui social, non proprio chiare, potrebbe trattarsi del cipresso dell’Arizona (Cupressus arizonica E. Greene), Stati uniti d’America. Come si deduce dalla nomenclatura binomiale non è una specie italiana e come la maggior parte delle piante esogene finiscono, prima o poi, col procurare danni di varia entità. Sempre dalle foto si potrebbe arguire che le radici sono poco sviluppate e, per giunta, superficiali. Si noterebbe pure la presenza di altri alberi piantati a poca distanza fra di loro e il cipresso con rami non molto ben sviluppati» – osserva Nicola Montepulciano. Il ricercatore ed attivista ecologista andriese ha quindi proseguito così con la sua personale analisi:

«E’ probabile che tutto questo non abbia consentito al cipresso di sviluppare il necessario apparato radicale, sicché, senza ancoraggio, il forte vento di questi giorni con la complicità della pioggia, che ha “allentato” il terreno, ha avuto buon gioco nel farlo stramazzare al suolo. Che fare allora? Sarebbe opportuno eliminare alcuni alberi in modo da permettere a quelli che si desidera lasciare in vita di sviluppare un buon apparato radicale, così come ho suggerito, anni fa, ad alcuni amici. Dopo aver eliminato qualche pino e cipresso i restanti alberi sono cresciuti molto ma molto rigogliosi. Un amico ha accettato di eliminare un buon numero di cipressi e pini (uno quasi a ridosso della costruzione con danno al pavimento), col risultato che una quercia, che cresceva stentata fra queste maledette conifere, si è alquanto sviluppata sia in altezza che in larghezza a tal punto che la chioma ha occupato lo spazio di quelle dei pini e cipressi eliminati e la sua fresca ombra si proietta sulla costruzione pur stando a circa 12m di distanza. Inoltre sono cresciute spontaneamente molte plantule di roverelle in altra area della villa. E’ rimasto d’accordo che conviene curare tutte la plantule per poi scegliere quali lasciare in vita. Pensando allo sviluppo imponente che, col tempo, la roverella raggiunge se curata, si è convenuto che si lasceranno in vita una o due querce al massimo, opportunamente distanti sia dal confine che dalla casa. Ma difficilmente le querce si lasciano abbattere dal ventoperché sviluppano un forte, profondo apparato radicale; nella mia lunga esperienza per ville e boschi non ho mai visto una quercia abbattuta da avversità atmosferiche, anzi resiste al fuoco, contrariamente a cipressi e pini e ho osservato una delle grandi querce di Andria con tracce di scarica di fulmine ma ancora viva e vegeta» – ha concluso il nostro concittadino ecologista, da anni convinto sostenitore della tutela del patrimonio arboricolo autoctono.

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