Una delle più antiche ed apprezzate specialità andriesi: la preparazione di u’ m’schìsch. Carne e salsiccia affumicata che vengono esposte con orgoglio dai maestri macellai andriesi. Una bontà che diventa punto di riferimento per le migliaia di cittadini andriesi, specie per coloro che si ritrovano in particolari occasioni come la Festa Patronale nella città federiciana.
La sua notorietà è assoluta e ciascun andriese ne conosce gusto e delizia. La preparazione avviene mediante affumicatura con legno di mandorlo o di ulivo. La vendita avviene solo in particolari giornate della settimana e gli acquirenti provengono dalle città di Barletta, di Canosa, Cerignola, e persino da Foggia. U’ m’scìsch però, nel tempo, è diventato prodotto noto e consumato persino a Milano ed in altre città del Nord Italia. Già qualche anno fa però era stata sollevata una questione di carattere igienico-sanitario con il serio rischio che fosse davvero finita ma poi ha prevalso il buon senso e la vendita è regolarmente continuata nelle macellerie. La preparazione di tale specialità, infatti, è vietata in macelleria, se non con utilizzo di machine affumicatrici ma sarebbe tutt’altra cosa. Appena terminata l’estate il problema si è ripresentato e questa volta pare che la Asl abbia definitivamente detto basta alla preparazione fuori dalle macellerie del prelibato cibo nostrano. Controlli, verifiche, sanzioni e persino sequestri della merce destinata allo smaltimento specializzato per lo smaltimento.
L’immediata reazione dei macellai andriesi e la presa di posizione dell’Associazione di Categoria Unimpresa, guidata da Savino Montaruli che ha dichiarato: “questa volta siamo davvero preoccupati per l’entità e la severità dei controlli sulle vendite di carne affumicata nelle macellerie andriesi. In verità le verifiche non sono concentrate sulla regolamentazione delle vendite, che avvengono nel rispetto della legge, bensì sulla fase di preparazione della carne in quanto non verrebbe rispettata la norma rigida che impone la tracciabilità del prodotto che al di fuori dalle macellerie non potrebbe più essere preparato. Un’esagerazione che colpisce al cuore la tradizione locale con un eccesso di severità davvero incomprensibile, anche rispetto ad altre fattispecie di vendite, anche su aree pubbliche, ampiamente tollerate. Non vorremmo che dopo la guerra al pomodorino esposto dai fruttivendoli si stia instaurando un’altra mannaia per un comparto duramente messo alla prova dall’aggressione della grande distribuzione e dalla vessazione locale e centrale. La storia racconta della nascita dù m’scìsch per garantire la corretta conservazione delle carni in assenza di macchine refrigeranti. Poi nei decenni la tradizione è rimasta intatta per la bontà della specialità. Il nostro appello alla Asl è di tenere conto della semplicità con la quale il prodotto viene preparato quindi una sorta di tolleranza che sarebbe ampiamente condivisibile anche perché mai sono stati riscontrati casi di contaminazione o di conseguenze sulla salute umana a causa del consumo di carne affumicata. Un vero e proprio rituale che è anche socializzazione visto che spesso il procedimento avviene mettendo insieme gruppi di macellai che si ritrovano attorno ad un grande forno largo e profondo anche più di due metri per preparare la deliziosa prelibatezza andriese. In queste ore si stanno organizzando incontri con i Dirigenti Asl al fine di ricercare una modalità intermedia per evitare il divieto assoluto di preparazione della carne affumicata ma anche per discutere dei verbali che davvero sarebbero una beffa” – ha concluso Montaruli.
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