Nicola Montepulciano (nostro concittadino dall’animo ecologista scientifico, da decenni sostenitore della tutela del patrimonio botanico autoctono) ha nuovamente ribadito il semplice quanto urgente della piantumazione di alberi con criterio nel contesto urbano. Ancora una volta, Montepulciano è costretto ad esprimere critiche ai responsabili della gestione per via dell’introduzione di alberi distribuiti spesso a meno di dieci metri l’uno dall’altro: una scelta che, a detta di Montepulciano (posizione sostenuta da numerosi studi scientifici sul tema) si rivelerebbe dannosa per le stesse piante, oltre che per l’ambiente. A questo, poi, si reigstra ancora l’annoso problema degli alberi di specie alloctona, considerati invasivi e dannosi per l’ecosistema e quindi da sostituire gradualmente con nuovi alberi tipici della macchia mediterranea e della cosiddetta “murgia andriese”. Recentemente, l’attuale amministrazione comunale ha per la prima volta avviato un percorso di “risanamento”, preferendo l’introduzione di specie più adatte. Tuttavia, per Montepulciano c’è ancora molto da fare per rimediare agli errori del passato: si tratta di posizioni che potrebbero essere definite radicali da quegli ambientalisti che vorrebbero tutelare qualsiasi tipo di albero ma che, diversamente da una posizione più superficiale, è basata su una visione più razionale e lungo termine (molti alberi – come pini ed ailanti – sono deceduti e collassati proprio perché introdotti decenni or sono in contesti non adatti ad essi). A tal proposito, riportiamo qui sotto il nuovo intervento di Montepulciano con scatti fotografici che documentano la presenza di alberi in evidente stato di decadimento e a probabile rischio collasso:
«Eliminati gli ailanti da via N. Vaccina, alberi di nessun pregio ecologico, anzi dannosi per la flora italiana, si è deciso di piantare, un certo numero di alberi in diversi punti della città. Ma il criterio con cui si sta procedendo suscita perplessità, se non sdegno. Diversi alberi sono stati messi a dimora nella villa (si fa per dire) comunale; in una aiuola è stato piantato un giovane albero a circa 5 metri di distanza da un annoso pino, cioè quasi sotto. Così non viene rispettata la distanza considerata minima, ribadisco minima, di 10 metri per mettere a dimora giovani alberi da ombra. Questa distanza non permetterà al nuovo albero una crescita adeguata per motivi fisico-chimici. La chioma del giovane albero non potrà mai godere di spazio e luce sufficiente per permettere alle foglie la normale fotosintesi clorofilliana. Questo per la parte aerea, per quella sotterranea le radici del giovane albero non potranno svilupparsi per niente bene per l’ostacolo rappresentato dalla forte presenza di quelle del pino, che, come si sa, si sviluppano alquanto estese, superficiali. Ancora, quando sarà cresciuta (se, e sicuramente male) sorgerà il problema della conflittualità fra rami dei due alberi e si procederà alla potatura, che, a lungo andare, sarà via d’accesso a vari patogeni, insieme alle solite proteste e polemiche. Peggio ancora, in altra aiuola, la piantumazione di due magnolie (alloctone di origine americana e asiatica!!!) quasi sotto due pini e, molto probabilmente, faranno una brutta fine come quella di piazza Umberto I (Municipio), piantata fra due palme! Ma le condizioni del verde di questa piazza sono mortificanti:
quasi tutti i lecci, piantati molti anni fa (errori del passato, quando non c’era adeguata cultura del verde in città e la competenza di oggi), danno forti segni di sofferenza. Una delle cause è la mancanza di spazio, ciò che nel corso degli anni ha determinato continuo ricorso alle potature (altra causa di sofferenza) con conseguente indebolimento delle piante, che non ha permesso loro di resistere agli attacchi di agenti patogeni. Insieme alle magnolie e alle palme vanno eliminati quanto prima, senza essere sostituiti. Non capiamo perché sono ancora lì. Esteticamente orribili, palme comprese. ( Il leccio di piazza Catuma, solitario e senza essere sottoposto alle imbecillesche potature, cresce benissimo, mentre le querce caducifoglie del lato opposto crescono male per mancanza di spazio). Per quanto riguarda il verde da adottare in piazza Umberto I è necessario un discorso particolare. Non si può trattare lo spazio che offre quest’area come quello della villa comunale. Ma è in tutta la città che si stanno commettendo errori su errori, che si aggiungono a quelli del passato. Non è possibile commentarli tutti in una volta. Dai tigli del passato di Porta Castello alle magnolie di corso Cavour e via dicendo. In letteratura botanica si è soliti specificare gli alberi anche in ordine di grandezza; prevalentemente gli ordini sono tre, ma in qualche città si usa mettere nel conto anche quelli di quarta grandezza. Di questo ordine si tiene conto in base ai luoghi:
se spaziosi o meno, se offrono architetture da rispettare per bellezza, se carichi di storia e con una qualche tradizione botanica, se di periferia, se in pianura o meno e, purtroppo, in tutti questi casi si deve tenere conto del cambiamento climatico, meglio sarebbe dire del riscaldamento globale, per una oculata scelta delle specie resistenti da mettere a dimora, preferendo le autoctone per una più facile manutenzione iniziale, anche se non sono da scartare le alloctone purché si adattino bene e belle. Ciò che fa riflettere è che ci sono stati esempi di criteri corretti come in piazza Sorelle Agazzi e nel quartiere di San Valentino, dove nel febbraio 2022 gli alberi furono piantati all’incirca a 10 metri di distanza fra loro. Come mai stiamo assistendo di nuovo a criteri superati e dannosissimi? Dove sono quelli che si definiscono tecnici? Quando, rarissimamente, mi concedono un incontro, mi trattano con sufficienza e mi fanno capire che mi devo togliere dai piedi quanto prima. Chiaramente non sono un agronomo né un tecnico, ma penso di aver raggiunto una certa qual competenza, studiando e sempre studiando, aggiornandomi in continuazione su testi e riviste scientifiche con interventi di professori universitari. Della mia grande passione verso le piante prova ne sia, per dirne una, l’essere riuscito a recuperare e proteggere, per mia idea e con l’intervento competente di altri studiosi, quella che viene definita una delle più belle doline di Puglia e cioè il Gurgo, con relativa ricerca, per parte mia in collaborazione di un botanico, delle piante ivi esistenti, ricerca che oggi mi viene impedita di portare a termine, purtroppo. Vi è da aggiungere anche una pubblicazione coautorale, da me voluta, sulla Valle di Santa Margherita, con relativa ricerca botanica. Descriverò in seguito la bellezza di questo luogo della Natura e del Sacro. Credo anche di aver dimostrato qualche competenza di carattere dendrologico come nel caso degli ailanti con la pubblicazione di un articolo che ha messo a tacere tanti pseudoesperti locali. Ora stiamo decidendo di organizzare vari incontri aperti al pubblico, per dimostrare le nostre ragioni, con testi scientifici alla mano, fotografie di esempi positivi e negativi, nonché con la storia del verde nella nostra città e come il criterio del verde da adottare nelle città stia man mano cambiando a causa del riscaldamento globale. Si parlerà delle caratteristiche di piante grandi e piccole specie per specie con preferenza delle autoctone che meglio sopportano i cambiamenti climatici. Si parlerà della manutenzione, problema spinosissimo per molti motivi. Ma a proposito di manutenzione, perché non si procede, una buona volta, alla eliminazione dei tanti, tanti alberi secchi nella villa? Alcuni secchi da moltissimi anni. Semplicemente eliminandoli e senza sostituirli, perché morti per mancanza di spazio, la villa comincerebbe ad acquistare un pò bellezza. Ci vuole forse una gara di appalto?» – ha concluso Montepulciano.
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