“”Leggevo su “BAT news e segnalazioni” del 22 luglio scorso, l’articolo intitolato: “Come gli antichi pugliesi affrontavano il caldo usando cisterne e brezza marina come ‘condizionatori’. Lo storico ‘trucco’ svelato a Giovinazzo.” Sono rimasto affascinato dall’ingegnoso sistema delle strade strette del comune di Giovinazzo, che, comunicando con il porto, permettono alla brezza marina di raffreddare l’aria nei mesi estivi. Prima di trasferirmi a Trieste, mio nonno paterno, combattente nella Prima Guerra Mondiale sul Carso Triestino, raccontava spesso delle sue esperienze di guerra e della famosa Bora, talvolta simulando con il corpo piegato e le braccia aperte l’effetto del vento” – ci ricorda il Cav. Porro. Attraverso una email inviata a VideoAndria.com, il triestino d’adozione (ma andriese d’origine) ci scrive:
“Quando arrivai alla Scuola di Polizia di San Giovanni nel 1971, provai per la prima volta le raffiche della Bora Nera, un’esperienza che affrontavamo con corde e paletti per attraversare il piazzale d’armi. Quelle cadute e scivolate, fortunatamente, causavano solo lievi escoriazioni. Caro Direttore, desidero condividere il racconto di Maurizio Stagni, orafo a Trieste dal 1986, che descrive una passeggiata avventurosa per le vie del centro con un amico in una giornata di Bora. L’itinerario parte da Corso Saba e arriva a Piazza Ponterosso.
Avventurarsi nella Bora a Trieste
La passeggiata inizia da Corso Saba, osservando ombre lente risalire il vento e altre scendere rapide lungo Corso Umberto Saba. Sto accompagnando un amico in una giornata di Bora forte. Una pausa fra le raffiche ci permette di iniziare la nostra avventura.
Camminiamo su un marciapiede quasi deserto. Largo Barriera è un punto dove la Bora soffia forte, trasformando via Carducci in una pista da pattinaggio per i contenitori della spazzatura. Aspetto la prossima raffica alle spalle, che inevitabilmente arriva. Il mio amico, squilibrato dal vento, avanza a piccoli passi, superandomi di qualche metro.
Lo raggiungo all’angolo di via Alberto Nota, un vicolo perpendicolare a Corso Saba. Il suo giaccone è gonfio, il vento lo attraversa e la macchina fotografica si agita come una banderuola. Vorrei indicargli una panetteria all’angolo, ma il vento ci riporta sul nostro itinerario.
Mai prendersi a braccetto con la Bora
Il mio amico ride quando lo prendo sottobraccio, un errore da non fare. Unirsi così offre alla Bora una superficie maggiore, quadruplicando l’efficacia della spinta del vento. Attraversiamo, bloccati da una raffica, osservando un pedone lottare contro il vento. Il mio amico, protetto dal colletto alzato, sorride.
Camminiamo spinti dalla Bora fino all’angolo con via Silvio Pellico. Lascio la presa e osservo l’effetto del vento sulla sua espressione. Negli occhi meraviglia e paura, quando una raffica lo colpisce. La Bora soffia anche perpendicolare al corso, senza un “sottovento” dove ripararsi.
In Corso Italia la tensione cala. Proseguiamo, il cielo limpido sopra di noi.
Il Guerriero Morente di Marcello Mascherini
Arriviamo in largo Riborgo, la Bora soffia da via San Spiridione. Un “rafficon” da sinistra mi costringe a trattenere il berretto di lana. Il mio amico, colpito di petto, osserva il “guerriero morente” di Marcello Mascherini, una scultura trascurata nel traffico cittadino. Arriviamo in Piazza Ponterosso, il mio amico si inclina, vibra, e riesce a rimanere quasi immobile. Soffia nelle mani fredde per scaldarsi, ma anche per smorzare l’incredulità della forza del vento.
Proseguiamo verso Piazza Ponterosso, lasciando gli edifici razionalisti del palazzo delle Assicurazioni Generali e dell’ex palazzo del banco di Napoli. Il mio amico fotografa, appoggiato ai muri, consapevole della necessità di “salvarsi” dagli imprevisti causati dalla Bora. Giungiamo davanti alla chiesa di San Spiridione, magnifica chiesa serbo-ortodossa. Vorrei mostrargli la bellezza del mosaico della facciata, difficile da ammirare nella strada stretta.
Il ritmo della città prosegue come sempre
Arriviamo all’angolo con via Genova. Il verduraio con i clienti imbacuccati, la pescheria con il pescato immerso nel ghiaccio, testimoniano che a Trieste, nonostante l’allarme meteo, tutto continua normalmente. Le immagini in TV sono sempre quelle d’archivio, ma per noi triestini, il vanto è che si parli della nostra resistenza in una città tanto bella quanto difficile. A Trieste la Bora soffia raramente e d’estate, i luoghi battuti dal vento diventano insopportabili per il caldo. La città non si ferma, tutto si muove più rapidamente. Percorrendo la città con l’unico scopo di competere con la Bora, sembra che la città sia in pausa. Ma non è così” – ha concluso il Cav. Porro, andriese d’origine da Trieste. A tal proposito, riportiamo qui sotto i link a due interessanti reportage risalenti al 1954:
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