Finocchi selvatici dell’Alta Murgia: “la s’mend d Murg”, una risorsa naturale legata alla tradizione andriese

In questo periodo autunnale, passeggiare nell’Alta Murgia non può che rivelarsi salutare e benefico anche nell’ambito dell’arricchimento della nostra conoscenza botanica:

Mentre eravamo impegnati ad ammirare il panorama senza tempo dell’Alta Murgia, infatti, noi del blog di VideoAndria.com siamo rimasti colpiti da un piacevole odore di finocchio selvatico. Alzando lo sguardo, ci siamo resi conto di essere sostanzialmente circondati da queste formidabili piante aromatiche, fondamentali per alcuni dei prodotti tipici del nostro territorio. Precisamente, la specie presente nella zona di Castel del Monte è da identificarsi in quella del Foeniculum vulgare Mill., appartenente alla famiglia delle Apiaceae, la stessa alla quale appartiene anche la ferula (Ferula communis L.) quest’ultima potenzialmente tossica (ma non sempre e comunque anch’essa specie importante per l’ecosistema) e pertanto, occorre prestare molta attenzione per una corretta distinzione tra le tue piante:

In Puglia, in tempi antichi, come raccontato da Eberhard August Wilhelm von Zimmermann, che visitò la nostra regione verso la fine del Settecento, la ferula era invece utilizzata dai pastori per fare gabbie, sedie, panieri, sgabelli (“freddizza”, sul Gargano ” furrizza”) e quasi tutti i loro utensili. Sotto la ferula, inoltre, nasce una specie di funghi, la cui raccolta e commercio era ed è molto abbondante. La ferula, simile ma distinta dal finocchio selvatico:

Tornando al finocchio selvatico, come ci ricordava anche il ricercatore ecologista ed appassionato di Storia e Cultura locale Nicola Montepulciano con un precedente approfondimento, infatti, la s’mend d Murg (è questo il nome “storico” dato dai contadini del posto al finocchio spontaneo) rappresenta uno degli ingredienti chiave prodotti alimentari tipici, come la salsiccia andriese ed i taralli tradizionali. A questi prodotti popolari, vanno aggiunti poi prodotti meno noti ma altrettanto buoni, come il liquore al finocchio selvatico, offerto occasionalmente da alcuni produttori della zona. Si tratta, dunque, di una pianta che rappresenta parte dell’identità del territorio e che può essere quindi introdotta facilmente in un percorso gastronomico basato anche sullo studio della nostra Storia e della nostra Cultura: si aggiunge ai funghi cardoncelli, alle numerose erbe spontanee aromatiche e commestibili, alle piante tipiche e può rivelarsi così un’idea vincente per un eventuale percorso turistico specifico, alla riscoperta dei sapori (e degli odori!) del territorio.

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