Gurgo di Andria: due specie “aliene” rischiano di far scomparire il patrimonio botanico. Il monito di Nicola Montepulciano

Non c’è solo un inquinamento direttamente legato alle attività antropiche ma anche quello provocato da specie “aliene“: se dal mare l’esempio mediatico del “granchio blu” sta aiutando l’opinione pubblica all’importanza della tutela delle specie autoctone, non è da meno il contesto dell’entroterra rurale. E’ anche il caso dell’area del Gurgo di Andria, non meno meritevole di tutela del Pulo di Altamura e di Molfetta e recentemente sfuggita al rischio di danneggiamento e declassamento in “vasca di laminazione. Ora, la depressione naturale – di grande importanza naturalistica – è alle prese con l’invasione di specie vegetali alloctone che rischiano di far scomparire il vasto patrimonio botanico custodito all’interno di essa. Si, perché si fa troppo presto a definire “ambiente” tutto ciò che è verde. C’è anche il contesto ecologico che va tutelato nel tempo. A ricordarlo a VideoAndria.com è il nostro concittadino Nicola Montepulciano:

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«Dopo essere riusciti a far decadere, grazie all’impegno di associazioni, politici, ecologisti indipendenti, l’assurda proposta di trasformare in vasca di laminazione la dolina carsica del Gurgo di Andria, si rende necessario intervenire, quanto prima, perché incombe il gravissimo pericolo di perdere la sua incredibile biodiversità per la ricca natura in essa presente. Infatti, c’è da affrontare e risolvere un pernicioso caso di “inquinamento verde” dovuto alla presenza di due piante estranee alla flora italiana e cioè ailanto e agave. Come già descritto in un mio precedente intervento, l’ailanto è una pianta quanto mai invasiva ed infestante per la sua fortissima capacità competitiva a tal punto da non permettere l’attecchimento di qualsiasi altra specie vegetalevicino al luogo in cui cresce. Si corre il rischio di trasformare il Gurgo in un maleodorante ailanteto col risultato di perdere, in quel lembo di territorio, la ricca biodiversità donataci dalla Natura, che possiamo ammirare. Avremo, così, un deserto verde. Poi c’è la presenza dell’agave succhiatrice di acqua a discapito delle piante vicino. Nemmeno a dirlo, anche questa pianta ha forte capacità riproduttiva. Per i naturalisti sarebbe un vero disastro ecologico» – ha ricordato Montepulciano che ha proseguito: 

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«Oltre alla flora si perderebbe la ricca fauna minore presente, l’altra componente della biodiversità, perché non è dato sapere come possa sopravvivere con la scomparsa della flora con la quale convive da sempre. In Italia da molti anni si sta lottando per eradicare l’ailanto. Nel 1984 nell’isola di Montecristo si condusse la campagna per l’eliminazione dell’ailanto che, complice la presenza di capre e conigli selvatici, da sempre assenti nell’isola e introdotti per scopi venatori, stava invadendo tutta l’isola. Capre e conigli si cibavano delle piante originarie dell’isola e non dell’ailanto, sicché questo poteva tranquillamente moltiplicarsi per tutta l’isola soppiantandone la flora tipica. Come il daino, estraneo alla nostra fauna, a Papparicotta. In ecologia con il termine “biodiversità” (o diversità biologica) si intende definire la varietà delle forme di vita sia animali che vegetali presenti in un dato ecosistema. Per il Gurgo una parte preponderante della componente animale della biodiversità è data dalla “fauna minore”.  Per fauna minore si suole intendere l’insieme di specie animali di piccole dimensioni: rettili, anfibi, piccolo mammiferi, insetti, pesci. Ma questa distinzione è di comodo perché ci si riferisce semplicemente alle dimensioni e non ha nessun “significato sistematico e biologico”:

sono veri e propri animali e basta. La fauna minore ha un ruolo importantissimo per la conservazione della biodiversità e per il mantenimento degli equilibri biologici di un dato ambiente naturale. Nel Gurgo sono state osservate varie specie di insetti fra cui un buon numero di farfalle, alcune delle quali si vedono sempre meno lontani da Gurgo, api, bombi tutti insetti impollinatori. Vari coleotteri. Lucertole, gechi. Tralasciando la fauna minore, è accertata la presenza di volpi. Tante sono le specie di uccelli. E’ facile, quindi, dedurre l’enorme importanza naturalistica della nostra dolina. Per questo, allora, ritengo importante intraprendere una valida opera di “restauro ambientale” e lo si può fare con poca spesa ma sotto la guida di di personale qualificato; è necessario, altresì, una valida gestione della dolina che non deve essere minimamente affidata ai politici, che, a parte l’incompetenza, non perderebbero l’occasione per sistemazione partitica o clientelare. La gestione deve essere affidata a tecnici competenti o, quanto meno, a persone che possano vantare studi e continue ricerche con pubblicazioni sulla flora e fauna di doline e lame, ma che siano libere di agire senza nessun tipo di impaccio. Una cosa, però, è legittimo pretendere subito: che sia reso possibile visitarlo. Primo perché merita di essere visto per la sua bellezza e valenza floro-faunistica, secondo, perché non esiste in nessun Paese civile che, quella che posso definire “piccola riserva naturalistica”, sia chiusa al pubblico. Andria è ricca di luoghi che presentano fenomeni carsici tipo doline e lame, che vanno, dove è possibile, recuperate e difese e potrebbe essere definita la città delle tre doline. Oltre al Gurgo, Gorgoruotolo (questa devastata definitivamente), ve ne è una terza, alquanto piccola. Non ritengo sia ex cava. Per ora non ne rivelo la località» – ha concluso l’attivista ecologista andriese, Nicola Montepulciano (che ringraziamo per questo suo nuovo importante intervento).

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