“I soldi del Pnrr? Spendeteli per rinnovare l’agricoltura, ecco come” – anche imprenditori andriesi si associano all’appello nazionale

“Noi uomini e donne che da sempre ci occupiamo di agricoltura siamo stati colpiti da una crisi profonda e senza precedenti che ci sta costringendo a vendere il nostro prodotto al di sotto dell’effettivo costo di produzione. Sono oltre dieci anni, infatti, che gli agricoltori e gli allevatori italiani, riuniti in associazioni e movimenti autonomi, denunciano il crollo dei prezzi al campo, l’aumento vertiginoso dei costi delle materie prime, la concorrenza sleale di altri Paesi extra-europei. Processi questi che hanno causato un conseguente crollo dei redditi. A questo, ultimamente, si sono aggiunti anche i danni causati dalle varie calamità naturali come conseguenza delle variazioni climatiche in atto:

gelate primaverili, grandinate, tempeste di vento, bombe d’acqua, siccità oltre ai danni causati dalle nuove fitopatie. Tutto questo ha avuto come conseguenza lo svuotamento, l’abbandono delle campagne e l’indebitamento continuo delle aziende agricole in ogni parte d’Italia. La situazione si è aggravata ancor più negli ultimi due anni con la pandemia del Coronavirus contestualmente all’aumento vertiginoso dei costi fissi di produzione, all’aumento della corrente elettrica, del gasolio agricolo, dei concimi, delle sementi e di tutte le altre materie prime” – comincia così il documento congiunto firmato da COPOI – Coordinamento produttori ortofrutticoli italiani, Aspal Lazio, Movimento “Terra e vita” Sicilia, Comitato “Uniti per non morire” Molise, Astap Abruzzo, Movimento pastori Sud Italia, AGRICOLTORI INDIGNATI (UMBRIA) e COMITATO LIBERI AGRICOLTORI ANDRIESI (PUGLIA) che prosegue:

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“La politica in questi anni, sia a livello regionale che nazionale e comunitaria, invece di ascoltare le istanze di noi produttori continua ad ascoltare e a tutelare i grandi gruppi commerciali che stanno trasformando l’Italia da straordinaria terra di produzione di cibo di qualità in una grande piattaforma commerciale nelle mani della speculazione finanziaria. Il tanto pubblicizzato “Made in Italy” è diventato sempre più un agroalimentare speculativo in mano ai padroni dei grandi marchi italiani. Ormai per noi agricoltori e allevatori c’è in gioco proprio la sopravvivenza delle nostre aziende, dei nostri posti di lavoro, la tenuta sociale ed ambientale di interi territori a vocazione agricola e la garanzia di continuare a produrre un cibo di eccellenza sano e genuino. Ora è giunto il momento che la politica italiana istituischi una nuova e immediata riforma agraria con regole certe e chiare che contribuiscano a difendere il reddito degli agricoltori creando le condizioni affinché si possa raggiungere un giusto prezzo dei prodotti agricoli al campo per noi agricoltori ed allevatori al di sopra del relativo costo di produzione considerato che noi siamo l’anello principale della catena agroalimentare ma, allo stesso tempo, quello più debole perché non abbiamo nessun potere contrattuale. È compito della politica attivarsi immediatamente per defiscalizzare gli oneri sociali contributivi per la manodopera stagionale in agricoltura considerato che, in questo momento storico, è difficilissimo trovarne e quella disponibile non è qualificata e dev’essere necessariamente formata.
Sarebbe molto importante ridurre sia il costo del lavoro visto che in Italia è di gran lunga il più alto d’Europa e sia, al tempo stesso, semplificare gli adempimenti burocratici per facilitare le assunzioni. Visti e considerati gli ulteriori adempimenti previsti dal Decreto Legislativo 81/2008 (aggiornato quest’anno), la politica dovrebbe cominciare a dare agli organi ispettivi di controllo disposizioni affinché le loro verifiche siano molto più formative e meno punitive possibili nei confronti delle aziende considerato che l’unico obiettivo di multe e sanzioni è fare cassa e a noi non resta che indebitarci ulteriormente per produrre cibo perché le risorse a disposizione sono veramente esigue. Riteniamo fondamentale, inoltre, rivedere una volta per tutte il Decreto Legislativo 102/2004 che va a normare gli interventi finanziari a favore di quelle aziende colpite dalle calamità naturali in agricoltura perché, a nostro avviso, è una legge antiquata, obsoleta, che non può più rappresentare le esigenze del nostro settore in quanto risulta essere molto restrittiva in termini di indennizzi alle aziende colpite e danneggiate dagli eventi atmosferici avversi che da quindici anni a questa parte, e in ogni regione d’Italia, stanno causando enormi perdite di produzione su tutto il territorio nazionale. Sarebbe ora che la politica si attivasse immediatamente per creare condizioni migliori e permettere agli agricoltori e agli allevatori italiani di assicurare i nostri prodotti da tutte le calamità naturali nonché dalle fitopatie varie che ogni anno danneggiano le nostre eccellenze e le nostre produzioni. In materia di fitopatie ci aspettiamo e ci auguriamo al più presto riscontri e soluzioni da parte del Crea, ente nazionale di ricerca preposta a questo tipo di problematiche.
È importante sottolineare anche che le aziende agricole subiscono da oltre dieci anni anche gravi ed ingenti danni dalla fauna selvatica in particolar modo dai cinghiali, dai caprioli e dai corvi. Lo Stato è completamente assente sul punto e le Regioni non hanno ancora provveduto, o lo hanno fatto in minima parte, al risarcimento dei danni causati. Sul punto occorre un intervento immediato e tempestivo da parte del Governo affinché gli agricoltori non siano costretti ad aspettare anni subendo ulteriori danni nella completa indifferenza delle istituzioni ad ogni livello.
Altro tema fondamentale la quale noi agricoltori puntiamo fortemente è quello dell’energia considerato che l’Italia è lo Stato che acquista più energia degli altri Paesi. Attualmente l’aumento indiscriminato del costo dell’energia causato dal conflitto Ucraina-Russia ha mostrato tutta la nostra vulnerabilità e quanto sia fondamentale intervenire in questo settore per contenere i costi. La posizione geografica dell’Italia consente di sfruttare al massimo le rinnovabili con il conseguente abbattimento dei costi e in questo momento sarebbe stata strategica con grande beneficio per l’economia delle aziende.
Ci chiediamo, invece, come mai la politica non è attenta a questi aspetti e punta sempre a realizzare grandi impianti di energia rinnovabile a favore di multinazionali che hanno solo interessi speculativi. Oltre al danno economico rischiamo di assistere alla distruzione di suolo agricolo fondamentale per l’economia del nostro Paese. La nostra proposta è quella di sviluppare piccoli impianti in modo da non distruggere il territorio ma, al contrario, che si integri al reddito economico degli agricoltori. In definitiva si risolverebbe anche il problema dei costi dell’energia, motore di tutte le attività della società attuale.
Il Governo ha l’obbligo d’incentivare le aziende per realizzare impianti compatibili con il territorio. La situazione è davvero allo stremo: le perdite subite dalle produzioni agricole sono ormai incalcolabili e sono stimate in svariati milioni di euro.
È il momento che le istituzioni intervengano e se non ora, quando? Abbiamo due importanti strumenti per salvare il nostro Paese:

il Pnrr e la Pac. Serve un vero programma di riforme che stabilisca in che direzione debbano andare le risorse provenienti dall’Europa.
Il Pnrr, in primis, è un’occasione che non bisogna assolutamente perdere introducendo nuove azioni/obiettivi “resilienti” finalizzati ad agevolare gli investimenti per fronteggiare le variazioni climatiche da parte delle aziende ortofrutticole. I fondi del Pnrr devono sostenere progetti (in particolar modo delle piccole e medie aziende che sono le più esposte) per l’adeguamento e l’adattamento all’impatto degli effetti dei cambiamenti climatici con l’obiettivo primario di mitigarne le conseguenze sulle produzioni consentendo così, non solo di mantenere reddito e posti di lavoro, ma soprattutto continuare ad essere presenti sul mercato in modo competitivo oltre che garantire al Paese la sicurezza e la sovranità alimentare attualmente messa a rischio dalla grave situazione geopolitica.
L’obiettivo è quello di permettere agli agricoltori che operano nel comparto ortofrutticolo di avere a disposizione risorse per proteggere preventivamente le proprie produzioni dalle conseguenze delle variazioni climatiche (grandinate, bufere, bombe d’acqua, gelate, calore eccessivo) la cui frequenza è decisamente in aumento. Fenomeni, questi, che hanno gravi conseguenze sul reddito delle aziende e, conseguentemente, su tutta la filiera.
La tipologia di investimenti ammessi dovrà essere accompagnata da una precisa progettualità redatta dall’azienda le cui opere dovranno concludersi entro il 2026 (comunque in concomitanza con le scadenze dettate dal Pnrr).
Per fortuna oggi la tecnologia offre delle interessanti soluzioni anche molto compatibili con l’ambiente. In particolare gli investimenti climatici potrebbero riguardare:

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– investimenti in strutture serricole in ferro saldamente ancorate al terreno in grado di sopportare folate di vento violente e possibilmente rimovibili (cioè senza ricorso ad opere in cemento);
– investimenti di coperture con plastiche innovative più green e performanti dal punto di vista energetico che possano durare per decenni allungando di molto il periodo di utilizzo e quindi lo smaltimento;
– investimenti in reti termo-riflettenti da abbinare alle coperture plastiche che, oltre a schermare dai raggi solari intensi all’interno delle serre nei momenti in cui la temperatura raggiunge picchi elevati, consentono anche di proteggere il telo di plastica sottostante allungandone considerevolmente la durata;
– investimenti in reti antigrandine;
– investimenti in strutture in ferro atte a sostenere le reti antigrandine che permettono anche un ombreggiamento delle colture con notevole miglioramento della qualità dei frutti;
– investimenti mirati a razionalizzare l’uso dell’acqua nella produzione ortofrutticola, compresi impianti di irrorazione a goccia;
– investimenti per l’estirpazione e il conseguente rimpianto di nuovi frutteti eliminando le cultivar sensibili a fitopatie/insetti per le quali non sono previste soluzioni agronomiche risolutive e in grado di mantenere un livello di reddito delle aziende interessate;
– investimenti di impianti fruttiferi con nuove varietà più resistenti ai cambiamenti climatici sia diretti che indiretti;
– investimenti mirati all’implementazione di impianti antigelo di ultima generazione;
– investimenti finalizzati alla sistemazione e livellamento dei terreni compreso la creazione di fossi per sopportare fenomeni di bombe d’acqua.
In aggiunta a quanto appena esposto, la missione “M2 – rivoluzione verde e ecologica” sempre del Pnrr, suggerisce già una sana sinergia tra il settore primario e quello energetico. Agrisolare e agrofotovoltaico:

ecco in quale direzione dovrebbero andare gli investimenti a nostro avviso. Facendo transizione con l’agrisolare si raggiungerebbe l’obiettivo di ammodernare e aggiornare le strutture esistenti, per esempio i tetti di edifici di strutture agricole, attraverso le energie rinnovabili, aumentando così la sostenibilità. Con l’agrofotovoltaico finanziato noi agricoltori realizzeremmo piccoli impianti integrati con la produzione agricola ed in questo modo si otterrebbero una miriade di risultati positivi utili a tutto il settore agro-zootecnico e forestale. È proprio per questo motivo che le associazioni e i movimenti autonomi del settore agricolo promettono su questo punto, così come per quelli esposti precedentemente, una linea dura senza nessun dietrofront e senza ripensamenti. Su questo argomento non faremo passi indietro e non accetteremo che le multinazionali pongano in essere azioni speculative per fare man bassa sulle energie rinnovabili e di conseguenza anche sulla nostra terra.
Come avevamo già anticipato in tempi non sospetti, circa un mese fa quando tutti ne parlavano in termini rivoluzionari, anche la Pac così come è stata concepita dal Ministero non è funzionale né al settore e né al futuro dello stesso e deve essere necessariamente rivisitata e corretta. Essa per garantire la sopravvivenza dell’agricoltura deve prevedere delle misure che devono interessare direttamente i soggetti (gli agricoltori) che producono realmente cibo e non ai grossi gruppi di settore come invece è stato finora. Ciò è necessario, soprattutto in un momento di grave crisi come quello attuale, per definire quella stabilizzazione del reddito degli agricoltori richiesta da tempo a gran voce per garantire la prosecuzione di tante piccole e medie imprese che rappresentano il cuore produttivo del settore ortofrutticolo dell’intero Paese” – osservano gli agricoltori che concludono:

“È necessario, poi, sostenere filiere come quella della pera in Emilia-Romagna e del kiwi (filiere che rivestono all’interno del comparto ortofrutticolo un ruolo da leader sia in Italia che in Europa) dove i produttori, a causa delle variazioni climatiche e di alcune gravi fitopatologie, hanno visto i loro impianti completamente distrutti. Questi sono dei gravi casi che necessitano tutta l’attenzione sia da parte del Governo, sia da parte della Regione e del Crea affinché siano stanziati degli aiuti e dei sostegni all’espianto e all’impianto di nuove varietà perché la ricerca si concentri a trovare nuove soluzioni. Il caso della pera e del kiwi sono fondamentali perché rappresentano un chiaro esempio di cosa sta succedendo e cosa potrebbe succedere a diverse eccellenze del Made in Italy se non ci saranno i giusti sostegni ai produttori e le giuste contromisure anche scientifiche e di ricerca a tutti i problemi esposti. Se ciò non accadrà si metterà in ginocchio, non solo una parte del mercato italiano, ma si creerà un danno economico ingente ad un settore che da due anni è attanagliato dalla crisi economica causata dalla pandemia del Covid. È su queste premesse che si è costituito il COPOI, Coordinamento produttori ortofrutticoli italiani, al fine di approfondire tutte le varie e gravi criticità che incombono sul comparto sia orticolo che frutticolo con la finalità di avviare una serie di interlocuzioni istituzionali e non sentendosi rappresentati adeguatamente e, in virtù delle esigenze e delle rivendicazioni sopracitate, gli allevatori e gli agricoltori autonomi italiani, chiedono al Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali e ai due rami del Parlamento che sia convocato al più presto un tavolo di crisi permanente con una nostra delegazione composta dai vari rappresentanti dei movimenti e delle associazioni autonome di tutte le regioni italiane presenti nel coordinamento, per approfondire le tematiche esposte in questo documento e trovare al più presto delle soluzioni che possano ridare senso e dignità al lavoro della terra in ogni parte d’Italia” – concludono gli agricoltori aderenti al comunicato congiunto.

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