Ciò è oggi tanto più veritiero, a duecent’anni dal sovrumano idillio L’infinito di Giacomo Leopardi, ove la distanza dal colle Tabor, il limite della siepe e lo stormire del vento segnano i ‘tempi’ musicali della intersezione tra il finito e l’infinito.
Il ‘pericolo’ della tecnica, condotta alle estreme conseguenze, sull’orlo come di un ‘abisso’, era stato anticipato nel 1946 da Martin Heidegger nei Sentieri interrotti ( Holzwege, ed. a cura di Pietro Chiodi, Firenze 1969, pp. 348 sgg. ), a proposito dell’uomo che stava per slanciarsi nello spazio e alla conquista della natura: ‘pericolo’, diceva Heidegger, il cui rimedio sta anzitutto nel sapere che il pericolo ‘c’è’. Ora, il senso del celeste è anche ‘risorsa’ positiva, come indica Italo Calvino nelle Città invisibili e nei saggi, in cui cita il personaggio di Guerra e pace di Leone Tolstoj, Pierre Bezuchov, il quale, fatto prigioniero dalle truppe napoleoniche in Russia, si conforta accertando: “Questo cielo è mio ! ( v. il mio Italo Calvino e Andria. Variazioni del senso del celeste, Matarrese, Andria 2016 ). Classico esempio, cui si accosta il caso di Arthur Koestler, l’ autore di Buio a Mezzogiorno, con il suo appello ai “Drinkers of Infinity”, agli uomini ‘assetati di infinito’, nei periodi di crisi.
Si tratta di vedere se e come i limiti della “volontà di potenza”, con la tecnica e la conquista dello spazio, si collochino, ora, ancora più avanti, in un momento in cui la Cina è approdata sull’ “altro lato della Luna”, a scopo di insediamento di tipo coloniale o neo-coloniale. Che è problema non da poco per la “religione della libertà”, posta di fronte alla drammatica alternativa collettivismo-capitalismo, cyberdittatura o distinzione dei poteri. E si tratta anche di vedere se l’infinito ‘dentro di noi’, di cui parlava il poeta Baudelaire, o il “noi” delle luci spirituali nel film Interstellar di Cristopher Nolan, cambino aspetto – cinquant’anni dopo quella storica data –, in un mondo che dichiara la pretesa di conoscere l’attimo della creazione, il Big-bang, la Genesi dell’universo, in base alla scoperta delle onde gravitazionali, alla individuazione dei buchi neri e di altri infiniti mondi, in un processo filosofico e scientifico che va da Giordano Bruno a Stephen Hawking a Kip Thorne, recente Nobel per la Fisica e ispiratore di Nolan. Nella alternativa tra i ‘pericoli’ della Tecnica ( la ‘Ge-stellung’, o la ‘imposizione’ dell’uomo sulla natura ) e l’assunzione dell’infinito nel mondo degli stessi valori morali, tra i percorsi Heidegger – astrofisica e Kant – metafisica ( per dirla molto in breve ), sono da coltivarsi le “guise”, ossia i ‘modi regolativi’, le ‘maniere’ di attuazione dei progetti più audaci, sempre le ‘guise della vichiana prudenza’. “Quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di queste cose”, tanto più si ripropone la stagione della “complessità”, con la sfera del ‘giudizio’, la scienza giurisprudenziale, intesa non come ‘tecnica’ o ‘incantesimo manipolativo’ ( diceva don Italo Mancini in Filosofia della prassi), bensì jus dicere, senso dell’equilibrio e giusto rapporto dei valori e tra i valori.
Giuseppe Brescia – Società di Storia Patria – Andria
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