Max Ascoli ( Ferrara 1898-New York 1978 ), scrisse tra l’altro da giovane:”Genio è colui che lavora col tempo sul tempo” (1917 ), accostando il tema centrale della filosofia e della epistemologia. Meno nota è la sua analisi dell’ebraismo e della filosofia della religione, sviluppata prima della emigrazione in America al tempo delle leggi razziali (1938), nell’opera “La via dalla Croce” (Zanichelli, Bologna, 1924,pp. 185 ). In cinque densi capitoli, pressocché sconosciuti oggi in sede di ermeneutica filosofica, affronta il tema della “vergine d’Israele”:”C’è un fantasma nella società moderna -fantasma di cui è strano parlare e tacere, quas vi si nasconda qualcosa di molto intricato e triste e pauroso: il fantasma degli ebrei. Risorge periodicamente nei momenti di maggior crisi e perturbazione, o qualche volta prima anche,lo si vede spuntare quasi in ogni parte della terra,come uno di quegli spettri premonitori o accompagnatori di sciagure da cui si dice che alcune razze o alcune dinastie siano perseguitate” (pp.3-55).
La risposta è data nella “Via Crucis”: “Trovare una fine alla vita: le anime più alte sembra abbian voluto solo questo: conchiudere il fluire eterno e senza senso del Tempo – rapire una forza e una passione alla vita,per rivolgerle contro la vita stessa. Veramente , la storia del mondo non è una serie di fiamme rapite al Cielo per portarle agli uomini, ma rapite agli uomini per portarle più avanti, molto più avanti – dove si crede che nessuna forma di umana esistenza individuale o collettiva possa svolgersi” (pp. 59-116). Non sembra quasi, nella stagione di “Interstellar” e del Nobel per la Fisica assegnato a Kip Thorne, di assistere a una intuizione o previsione degli “infiniti universi e mondi”, di cui parlava Giordano Bruno?
Ancora, nel capitolo I figli dell’uomo”,scriveva l’Ascoli: “Così’, l’uomo moderno è creatura di Cristo, nato per essere angelo in Cielo; sempre più vivamente incarnato e liberato, con una storia e un passato suo che si concludono nel Paradiso -ma che non trova il Paradiso” (pp.119-149).Alla fine, la redenzione è nell’uomo vivente e nel lavoro: “Noi uomini viventi” (pp.153-185).”E questo solo vuol dall’uomo l’epoca moderna:che viva.Non pretenda di fuggir l’esistenza in nessun modo, ma sappia che la sua vita e le sue opere si riproducono indefinitamente,e con nessun mezzo o artificio possono annullarsi svuotarsi o non esser più”.
Giuseppe Brescia -Libera Università ‘G.B.Vico’ Andria
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