Successivamente al recente incontro promosso dall’Intergruppo Consiliare “Cultura, Salute e Ambiente” dedicato alla dolina carsica andriese – finalizzato a sensibilizzare l’opinione pubblica per scongiurarne la trasformazione in una vasca di laminazione e all’iniziativa in Consiglio Comunale (che ha visto l’approvazione di un Odg per il riconoscimento dell’importanza di tutela del Gurgo di Andria), il nostro concittadino ecologista Nicola Montepulciano ha voluto condividere con VideoAndria.com la sua analisi personale, in realtà l’ultima di una lunga serie. Dalla pubblicazione del libro “Il Gurgo di Andria – Aspetti speleologici, geologici, botanici e faunistici. Un bene ambientale da valorizzare e recuperare” (avvenuta nel 1993 e oggi disponibile online sul sito web Andriarte.it e sul sito della Società Italiana di Geologia Ambientale) agli approfondimenti diffusi negli anni su questo e altri siti web, Montepulciano si è da sempre distinto per la sua spiccata sensibilità nei confronti del Gurgo di Andria, intuendone l’importanza ambientale ed ecologica, evidentemente in largo anticipo rispetto anche alla politica locale che negli ultimi tempi ha finalmente avviato le iniziative di sensibilizzazione. Di seguito, il suo intervento, arricchito da alcune interessanti fotografie inviate dall’attivista ecologista andriese:


«Il Gurgo di Andria è la quarta dolina carsica di Puglia e forse la più bella, probabilmente la più studiata nei diversi aspetti naturalistici che ci offre. Oltre alla componente geologica e speleologica c’è anche quella botanica, faunistica con particolare studio dell’aspetto ornitologico e entomologico relativo alla “lepidopterologia”, cioè lo studio delle farfalle. Visitai il Gurgo per la prima volta che ero giovanissimo e subito provai un senso di piacere per tanta bellezza, che mi portava alla contemplazione. Quando tornavo a vederlo, volevo stare sempre da solo ad ammirare questo spettacolo della Natura. Una volta mi capitò di non essere da solo, perché mi erano vicini due contadinacci e uno disse all’altro:<< Era buono riempirlo tutto e farne un orto>>. Dopo quelle parole la mia mente gli riversò tanta rabbia che l’avrei buttato giù. Alcuni amici mi riferivano che la dolina era sempre più una discarica per rifiuti anche di grossa mole, ingombranti. Si fece ancor più pressante in me il desiderio di salvare la dolina, che ebbi sin da quando la vidi per la prima volta. Nel 1984 chiesi al WWF Puglia di essere nominato responsabile della sezione WWF Andria, nomina che mi fu concessa. Allora il WWF Andria contava solo 11 soci, ma in poco tempo fra soci adulti, giovani e Panda Club-giovanissimi ne contava oltre 400. Però pensavo sempre come poter salvare la nostra dolina, che per una serie di motivi ritenevo una impresa ardua se non impossibile. Ma sull’esempio di altre sezioni locali WWF di Puglia che salvavano anche piccoli lembi di territorio (Oasi verdi) e zone umide di mari, fiumi e laghi (Oasi blu), mi feci coraggio ed esposi l’idea ai soci (settembre 1991) e notai uno che accennava ad un sorriso come per dire che era un’idea assurda» – ha ricordato Montepulciano che ha proseguito:

«In quegli stessi giorni si iscrisse al WWF il geologo Riccardo Losito al quale esposi la mia idea e accettò subito così come Ambrogio Lamesta e M. Pizzolorusso. Conoscevo gli esponenti del Gruppo Speleologico di Ruvo per aver frequentato un corso di speleologia tenuto dal Gruppo e chiesi di incontrarli per esporre il mio progetto. “Perché c’è una dolina carsica nel territorio di Andria”? Il giorno stabilito per visitarlo pioveva a dirotto, (novembre 1991) e quando, lasciate le auto, si affacciarono, rimasero sorpresi. Fu il << sì >>. Subito dopo contattai il botanico Giuseppe Muschitiello, che accettò. Composto il gruppo, presi i vari accordi, cominciammo le ricerche e gli studi che durarono circa due anni. Terminata questa fase chiedemmo un incontro all’allora Ass. alla Cultura e P.I. prof. Mario Mangione per presentargli i risultati delle nostre ricerche. Rimase letteralmente sorpreso, meravigliato e promise che si sarebbe immediatamente attivato per reperire i fondi utili a retribuire gli studiosi e per la dovuta e necessaria pubblicazione dei risultati. In pochissimo tempo riuscì a reperire i fondi. Pubblicammo 2000 copie dal titolo “Il Gurgo di Andria”, in seguito il Comune (Ass. A. Lamesta) si adoperò per la protezione del Gurgo. Fino ad allora le grotte conosciute erano due, con le ricerche del Gruppo Speleologico oggi sappiamo che in totale sono nove tutte ben studiate e documentate. Nella dolina furono censite 131 piante e in seguito ne scoprii altre; tutte fotografate tranne 25. Piante comunissime, è vero, ma alcune, nel mio girovagare per campagne e Murgia di Andria non trovo più. Sempre in quest’area vi sono uccelli come il passero solitario che in quasi tutta Italia è in costante diminuzione. Farfalle come non se ne vedono più altrove. Un’area fonte di enorme quantità di ossigeno, capace di assorbire grandi quantità di anidride carbonica. Oggetto di tesi per studenti di Scienze Naturali e Scienze Agrarie e non so se anche di Geologia: un libro a cielo aperto, come suol dirsi» – ha aggiunto Montepulciano che ha proseguito:

«E’ un luogo diventato il custode, il rifugio di specie botaniche e faunistiche che possono riprodursi tranquillamente. Alcune piante, come ho detto, classificate comuni, le vedo ormai soltanto nella nostra dolina come per es. la bellissima Damigella campestre (Nigella arvensis L.), per non parlare del Narciso altra pianta comune. Un luogo di grande biodiversità, dalle belle interazioni ecosistemiche di grande utilità, come la già menzionata produzione di ossigeno e cattura di anidride carbonica, piante, fiori, frutti, il tutto in un ambiente di grande bellezza. E data la vasta produzione botanica, il Gurgo, per quei giovani seriamente intenzionati, purché dotati di ampia preparazione, può rappresentare una fonte di lavoro inesauribile per tutto l’anno: erbe, fiori, posizionamento di arnie per il miele, piante scarsamente prese in considerazione come il prugnolo dai frutti, che con gli opportuni procedimenti, possono dare un buon liquore, oltre ai frutti comuni come fico d’India, melograno e altri ancora. Per salvarlo definitivamente è necessario che diventi Oasi o Area protetta con tanto di leggi precise. Allo stato attuale il Gurgo è paragonabile, in quanto a protezione, alla ex villa comunale, con la differenza che nel Gurgo vi è la caserma dei Carabinieri Forestali che lo preservano da atti vandalici, ma non garantiscono manomissioni, stravolgimenti come nella ex villa comunale dove ce ne sono stati tanti come per esempio l’abbattimento dello chalet, a mio parere bellissimo, per far posto a quella nefandezza dell’anfiteatro. Il Gurgo è una parte del territorio dove la Natura regna sovrana, patrimonio naturalistico dei cittadini di Andria e, per mia, ma non solo mia, esperienza anche dei cittadini di Corato, Trani, Barletta, che lo visitavano fino a quando ne fu vietato l’accesso. Per evitare manomissioni sconsiderate bisogna, ripeto, che la nostra dolina divenga Oasi o Area protetta con leggi apposite. I politici locali, ora, devono battersi presso le opportune sedi e far sentire fortemente la loro voce come espressione della volontà popolare. Il primo passo lo deve compiere il Comune, che deve presentare tutti i dati necessari ai vari organi regionali e nazionali; la maggior parte dei dati sono già presenti nella pubblicazione del 1993, compresi i dati naturalistici botanici, faunistici, geologici, speleologici. Ai proponenti l’assurdo progetto della vasca di laminazione dico che per qualsiasi progetto, provvedimento, opera, oggi come oggi, occorre una visione ecosistemica, per evitare conseguenze irreparabili» – ha osservato Montepulciano che ha quindi concluso:

«La vasca di laminazione distruggerà la dolina per sempre; l’alluvione di modesta portata d’acqua del 2011 ha prodotto così gravi danni da rendere necessaria la chiusura al pubblico, cosa che in parte mi ha impedito di proseguire l’erborizzazione; l’alluvione colpì proprio una parte del percorso per visitatori ed esattamente la scalinata e oltre, dove erose completamente la coltre terrosa, mettendo a nudo la roccia, trascinando, ancora, piccoli massi, fino a cambiarne in piccola parte la morfologia. In quel tratto non crescono più piante. Potremmo avere una palude malsana a due passi dalle nostre case. Non ci sarà resilienza ma solo “soccombenza” della Natura, cioè distruzione e malattie. Per evitare alluvioni occorrono rimboschimenti a tutto spiano con successivi interventi per favorire l’insediamento di specie autoctone che nel nostro territorio vuol dire roverella. Francesco Petretti, grande naturalista, dice che la pineta è un ambiente secco, ma per quanto riguarda le pinete della Murgia di Andria, oserei dire arido, cioè di scarso valore ecologico, che non generano umidità, pioggia come le quercete e contemporaneamente la controllano. Le pinete di Castel del Monte e di Finizio vanno lentamente coltivate e trasformate in quercete e lo si può fare con pochissimi soldi, lo posso fare anch’io da solo occupandomi inizialmente di uno o due ettari, purché mi si dia il permesso.
Nicola Montepulciano ecologista
Colgo l’occasione per ricordare Fulco Pratesi primo Presidente del WWF Italia e mio Maestro, deceduto il 28 Febbraio 2025.» Concludiamo con due specie di farfalle presenti nel Gurgo:
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