Un andriese da Trieste: “caro Sindaco, sul Giorno del Ricordo la verità vi rende liberi. Venite a trovarci”

Norma Cossetto, giovane studentessa italiana martire delle foibe

“Ill.ma Sig.ra Sindaco, gent.ma dottoressa Giovanna Bruno, sono un andriese da 50 anni trasferito a Trieste ma non per questo lontano dalla mia città natale perché giornalmente ricevo sue notizie dalla redazione di “VideoAndria.com”. E’ così che la sera di venerdì 10 febbraio ho potuto leggere il suo messaggio agli studenti sulla “Giornata del Ricordo”, e mi sono commosso per l’iniziativa e per le sue parole. Le fa onore l’aver deciso di aprire quel libro di storia rimasto colpevolmente chiuso per oltre settant’anni, un atto di coraggio per sollecitare una rappacificazione che può venire solo non nascondendo più la verità, come ha lucidamente sottolineato il Presidente Mattarella nel suo discorso al Quirinale – comincia così il contenuto di una lettera inoltrata anche al blog di VideoAndria.com a firma del Cav. Salvatore Porro – consigliere comunale di Trieste di origini andriesi – che prosegue:

“Con questo sentimento mi permetto di suggerirle alcune determinanti integrazioni per rendere storicamente completo il suo messaggio cristiano perché a tanta distanza di tempo in quelle tragiche pagine si possano finalmente leggere anche le parole che “politicamente” sono state censurate perché scomode per la real-politik o per l’onnivoro “pensiero unico”. Il “Giorno del Ricordo” è stato istituito per far memoria di due tragedie avvenute alla fine della seconda guerra mondiale nei territori del confine orientale fra Venezia Giulia, Istria, Fiume e Dalmazia, dal 1943 al 1947 ed oltre con code fino al 1954: foibe, con circa quindicimila vittime ed esodo con oltre 350 mila profughi. Esodo: inizia nel 1945 ed a ondate proseguirà fino al 1954. Purtroppo le bande dei partigiani comunisti del maresciallo Tito (lo (l’ha riconosciuto anche il Presidente Mattarella) non concedevano alcun beneficio di scelta. Con violenze, pestaggi, stupri ed anche con massacri costringevano gli italiani a scappare dalla loro terra abbandonando case, aziende, campagne, animali ma anche le chiese e i cimiteri. Quattro masserizie ed una valigia di cartone era tutto il loro tesoro. L’unica salvezza l’esodo. Ma il calvario di quelli italiani cominciava proprio con la partenza dalla terra natia perché l’Italia li accolse malissimo. In quel clima di fine guerra anche al di qua dell’Adriatico erano considerati fascisti che venivano a portare via il pane, il lavoro, la casa in una patria che non voleva riconoscerli. (Legga il crudele episodio della Stazione di Bologna – (18 FEBBRAIO 1947, IL TRENO DELLA VERGOGNA)” – ha ricordato il Cav. Porro, che ha quindi aggiunto:

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“Furono allestiti campi profughi nella nostra Regione – a Barletta- in Sardegna, nel Lazio, nel Meridione oltre che naturalmente in quel che restava del Friuli e della Venezia Giulia e all’estero, Argentina, Australia, Stati Uniti e Canada. L’importante fu per tanti decenni di parlarne il meno possibile e solo le associazioni degli esuli riuscirono a tenere accesa la fiammella del ricordo mentre la politica si divideva in accuse e contro accuse con strumentalizzazioni reciproche. Il primo Presidente della Repubblica a parlare di queste tragedie fu Francesco Cossiga, il primo membro di governo fu l’allora ministro della Difesa , Valerio Zanone, ma il primo a parlare con chiarezza senza temere di dire la parola finora vietata “comunisti”, è stato Sergio Mattarella nel 2023, ottanta anni dopo l’inizio di un crimine contro un popolo. Le scrivo, gentile dottoressa, perché seppur andriese mi sento anche cittadino di queste terre dove ho vissuto da bersagliere prima e da poliziotto poi, ed ora da pensionato impegnato, da buon cristiano, nel sociale” – prosegue il Cav. Porro:

“Arrivando a Trieste nel 1970, attraverso colleghi poliziotti istriani conobbi il dramma delle Foibe. Con loro ho visitato molti paesi Capodistria, Isola d’Istria, Verteneglio d’Istria, Umago, Momiano, Portole, Salvore, Pirano, Pola, Fiume, Spalato ecc. ecc. Con gli stessi colleghi ho portato dei fiori sulle Foibe di Trieste e d’Istria. Già nel 1945, dopo un’occupazione dei partigiani di Tito di Trieste durata quaranta giorni (1 maggio – 10 giugno 1945) e durante i quali molti giuliani scomparvero, proprio per mano dei partigiani titini, gettati nelle Foibe carsiche. Le truppe inglesi e americani del “G.M.A.” (Governo Militare Alleato) scoperchiarono le prime foibe sull’altipiano carsico –Basovizza e Opicina. Ma fu imposto il silenzio stampa e furono tenute nascoste le testimonianze fotografiche. Sull’Italia era calato il silenzio. La mira di Tito era la pulizia etnica quindi via gli italiani indipendentemente che fossero o no dei fascisti. Chi erano le vittime? Italiani di ogni estrazione:

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civili, militari, carabinieri, finanzieri, agenti di polizia e di custodia carceraria, fascisti e antifascisti, membri del Comitato di liberazione nazionale. Contro questi ultimi ci fu una caccia mirata, perchè in quel momento rappresentavano gli oppositori più temuti delle mire annessionistiche di Tito. Furono infoibati anche tedeschi e sloveni anticomunisti. Per raccontarle la tragedia della nostra Istria, ci sono decine e decine di libri, io mi limito solo a evidenziare alcuni drammatici eventi. La tragica morte della studentessa Norma Cossetto, decorata di Medaglia d’Oro al Valor Civile, ritrovata ancora integra nella foiba di villa Surani”, (Visinada) seminuda, che sembrava seduta sul fondo della foiba con la schiena poggiata alla parete e la testa rivolta in alto, come se sorridesse, la studentessa istriana torturata e violentata dai partigiani, prima di venire infoibata”, assieme a lei altri 23 corpi e di altre due donne, estratti due mesi dopo” – ha ricordato il Cav. Porro che ha quindi aggiunto:

“Cara Sindaco l’episodio più atroce è la strage di Vergarolla, a Pola, nell’estate 1946”. La carneficina si consuma su una spiaggia gremita di famiglie, arrivate dalla città per assistere a una gara di nuoto. Un ammasso di vecchie mine di profondità, accatastate sulla spiaggia e bonificate mesi prima, esplode inspiegabilmente. L’ipotesi più probabile, è che anche Vergarolla sia stata un tragico avvertimento agli italiani perché se ne andassero dall’Istria:

e infatti così avvenne. L’orrore e la paura portarono allo spopolamento di intere città e il 90 per cento dei giuliano-dalmati finirono per abbandonare le proprie case, iniziando una vita da profughi. Solo per citare qualche esempio, da Fiume se ne andarono 54mila su 60mila abitanti, a Rovigno 8mila su 10mila e a Dignano 6mila su 7mila. Sull’Italia intera era calato il silenzio vigliacco della tragedia della nostra Istria ed in particolare sui 50 preti e frati massacrati dai partigiani comunisti nelle foibe, tra cui il Beato Francesco BONIFACIO, venerato come beato e martire dalla Chiesa cattolica, assassinato in “Odium Fidei” l’11 settembre 1956 queste vittime non interessano ai professionisti della memoria, perché erano al servizio della Chiesa Cattolica e pregavano pace e solidarietà tra i popoli. In conclusione, i massacri delle foibe sono stati degli eccidi ai danni di militari e civili italiani autoctoni della Venezia Giulia, del Quarnaro e della Dalmazia, avvenuti durante e subito dopo la seconda guerra mondiale da parte dei partigiani jugoslavi e dell’OZNA. a decorrere dal settembre 1943 fino al febbraio 1947. “Le vittime sono state 12-15mila, non tutti sono stati infoibati, perché le foibe sono una caratteristica del suolo istriano, nella Dalmazia venivano affogati con una pietra al collo. Molti morirono in seguito a fucilazioni o di stenti nei campi di concentramento sloveni e croati” – ha dichiarato il Cav. Porro che ha quindi concluso:

“Un maresciallo della Pubblica Sicurezza, nativo di Pola, con le lacrime agli occhi mi disse: Salvatore “Il nostro paradiso si trasformò in un inferno. Non abbiamo mai ricambiato odio con odio, non esiste altra alternativa al perdono e alla pacifica convivenza. Noi dunque abbiamo perdonato, ma abbiamo il sacrosanto diritto di ricordare”. Ecco perché commosso le rendo onore per il suo coraggio a parlare di Foibe, sebbene ancora oggi molti suoi “compagni” di partito negano l’Esodo e le Foibe stesse. Cara Sindaco, se lei decidesse di organizzare una gita scolastica culturale a Trieste e in Istria, per far conoscere agli studenti di Andria la tragedia che ha subito la città con il Campo di sterminio della Risiera di San Sabba, gestito dai tedeschi e visitare le Foibe; semmai lo ritenesse valido questo invito mi metto a sua disposizione per accompagnarvi. In attesa di una sua gradita risposta, colgo l’occasione di salutarla con il motto dell’Eroe Nazario SAURO. “Sempre, ovunque e prima di tutto Italiani” – ha concluso il Cav. Porro.

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