Andria: Palazzo Ducale non è (per ora) in vendita ma, per scongiurare il rischio, il Comune potrebbe stampare moneta cittadina. E’ legalmente possibile

Sta seminando molto sconcerto l’interpretazione (evidentemente errata) riguardante la presenza del Palazzo Ducale tra la lista degli immobili potenzialmente vendibili. Una lista aggiornata, ereditata a sua volta da una più vecchia. Una notizia che però va affrontata per la sua interezza e senza contenuti eccessivamente allarmistici: no, Palazzo Ducale, attualmente, non è in vendita. Tuttavia, le precisazioni sono dovute onde evitare allarmismi ingiustificati se non la diffusione di informazioni interpretate in modalità impropria:

A chiarire le idee sui social è stato movimento Andria Bene Comune che ha osservato come “Il Palazzo Ducale non è mai stato nemmeno menzionato nei documenti ufficiali tra i beni che possano essere oggetto di alienazione. Il riferimento alla “vendibilità” del Palazzo Ducale è una elucubrazione personale di chi ha scritto il comunicato, elaborata sulla base del fatto che il Palazzo Ducale è di proprietà del Comune“. Una ipotetica (e attualmente fantasiosa) vendita non potrebbe probabilmente nemmeno in parte colmare le problematiche condizioni finanziarie dell’ente comunale, da tempo colpito da crisi economica che, in tempo di emergenza sanitaria, appare più accentuata di prima:
 

Lo storico edificio, antichissimo se si considerano oltre che l’utilizzo delle famiglie dei Del Balzo, poi Carafa ed infine Spagnoletti-Zeuli, le presunte fondamenta antiche – che potrebbero aver ospitato persino un castello di origine normanna ed utilizzato a suo tempo dalla famiglia di Federico II – comparirebbe ancora oggi tra la lista dei beni immobili potenzialmente vendibili. Interpretazioni errate di terminiologie a parte, fatto sta che, comunque, un’alternativa alla cessione di patrimonio fisici di interesse storico-culturale, ci sarebbe:

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Nell’attesa di concreti “aiuti di Stato”, occorre infatti valutare l’idea di un’altra azione in extremis. Se un ente comunale è costretto a valutare ipotesi un tempo improponibili se non moralmente inaccettabili (come la vendita di un immobili o, ad esempio, la chiusura momentanea dell’erogazione di acqua delle fontane pubbliche), a questo punto, perché non considerare l’emissione di crediti validi in ambito comunale capaci quantomeno di gestire la mole di spesa pubblica? Una sorta di moneta parallela stampata dal Comune, per nulla ostile a quella nazionale ma complementare ad essa e capace di aiutare la comunità a risollevarsi dalla crisi economica, con potenziali benefici anche per le casse comunali. Esistono svariati esempi in ambito nazionale e persino alcune realtà territoriali – in maniera completamente autonoma – hanno promosso questa serie di iniziativa. Una domanda sorge spontanea: se a promuovere una moneta complementare sono spesso i comuni cittadini, perché un Comune non può pensare di valutare questa ipotesi? Si tratta di strumenti già noti, anche a livello pugliese. Se da tempo un docente biscegliese ha promosso la piattaforma pecuswap.com, nella vicinissima città di Barletta, ad esempio, i cittadini hanno promosso la creazione della cosiddetta “Lira popolare”. A tal proposito, riportiamo qui sotto il link ad un video:

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