Chiusa l’inchiesta sulla strage di Andria-Corato: 19 indagati. Le cause: “errore e mancanza di applicazione delle regole”

Lo scontro ferroviario causò 23 morti e 50 feriti. Quella giornata del 12 luglio 2016 fu straziante per il mondo intero. Nelle ultime ore, dopo più di un anno, le indagini sono state chiuse: secondo i pm, a causare lo scontro ferroviario furono errori materiali dei capostazione  Vito Piccarreta e Alessio Porcelli e del capotreno, ma le responsabilità sono anche a monte per mancati investimenti in sicurezza e vigilanza. Gravi le accuse a Ferrotramviaria, che non avrebbe investito circa 600mila per installare un sistema di sicurezza migliore: “Strategia aziendale finalizzata agli utili, non alla sicurezza”.

 Diciotto gli indagati, più Ferrotramviaria: 14 sono dipendenti: tra le accuse, anche quella di aver nascosto 20 incidenti sfiorati negli ultimi quattro anni e non aver investito 664mila euro per l’installazione del sistema minimo di sicurezza che avrebbe potuto evitare l’incidente a seguito dell’errore umano. Le indagini avevano coinvolto anche i dirigenti del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, accusati di non aver adottato “provvedimenti urgenti” perché la rete venisse adeguata. Ferrotramviaria avrebbe risparmiato oltre 650mila euro non istallando il blocco conta assi, un sistema di sicurezza in grado di ridurre quasi a zero i rischi di un incidente come quello che coinvolse i due treni.

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Le accuse firmate dal procuratore Antonino Di Maio e dai sostituti Michele Ruggiero, Alessandro Donato Pesce e Marcello Catalano riguardano, a vario titolo, i reati di disastro ferroviario, omicidio colposo e lesioni gravi colpose.  Tra i dirigenti e amministratori indagati: il conte Enrico Maria Pasquini, sua sorella Gloria Pasquini, il direttore generale Massimo Nitti e il direttore di esercizio Michele Ronchi; 2 sono funzionari dell’Ustif, l’ente del ministero dei Trasporti che fino al settembre 2016 ha vigilato sulla sicurezza dei treni delle reti locali; e poi Virginio Di Giambattista ( capo della struttura ministeriale che si occupa dei Sistemi di Trasporto ad Impianti Fissi e il Trasporto Pubblico Locale) ed Elena Molinaro (dirigente del ministero guidato da Graziano Delrio).

Enrico Maria e Gloria Pasquini, Nitti e Ronchi” – secondo la ricostruzione dei pm – “non avrebbero prevenuto l’incidente, ignorando le direttive sulla sicurezza del lavoro e avrebbero nascosto alla Digifema, la Direzione generale del ministero per le investigazioni ferroviarie e marittime, una catena di incidenti sfiorati (20, secondo l’ipotesi) tra il 2012 e il 2016. Inoltre, non dotarono la linea ferroviaria di una “copertura della rete di telefonia mobile” in maniera sufficiente causando “consequenziali difficoltà di comunicazione tra personale di terra e personale di bordo”.

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Le indagini avrebbero inoltre riportato di fatto la mancanza di verifiche periodiche che, come recentemente accertato dalla Digifema e anticipato da Ilfattoquotidiano.it nel primo anniversario della strage, l’Italia non recepì “correttamente” una direttiva europea del 2007, nonostante “non prevedesse in tal senso né deroghe né proroghe“. Il decreto legislativo è di fatto stato applicato “dopo circa nove anni, successivamente all’incidente ferroviario”. Se tutto fosse andato secondo i tempi previsti, la “corretta implementazione” del quadro normativo “avrebbe messo – ha detto la Digifema -Ferrotramviaria” nelle condizioni “di dover adottare un sistema di gestione della sicurezza”.

Ne ha parlato anche il breve servizio del TGR che linkiamo qui sotto:

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