Festival Castel dei Mondi: il Programma del 6 settembre 2017

Festival “Castel dei Mondi” Programma 6 settembre 2017
-DEADTOW – FORMAN’S THEATRE (REP. CECA)
h. 21.45 Piazza Catuma  Prima Nazionale

  • I 4 MOSCHETTIERI IN AMERICA – RADIODRAMMA ANIMATO
    I SACCHI DI SABBIA – h. 21.45 Palazzo Ducale Prima Regionale
  • HUMAN ANIMAL – LA BALLATA DEI LENNA  –  h.21.45 Officina San Domenico
  • IL PARADOSSO DELL’ATTORE 2000 – QUESTA È LA MIA VITA – IL NANO EGIDIO h. 19.15 Galleria Commerciale Mongolfiera – Prima Regionale  Gratuito
  • BUS THEATER  –  RICCARDO III DI CINQUE FIGLI – ANTONIO MEMEO CLAUDIO SURIANO TRIO dalle h. 18 alle h. 23 Quartiere San Valentino Gratuito
  • A SELFIE WITH A MOVIE STAR – 3 DENSE (REP. CECA) dalle h. 18 alle h. 23 Officina San Domenico Prima Nazionale Ingresso gratuito
  • LO SPETTATORE CHE RACCONTA UN PROGETTO PER IL FESTIVAL. IL PICKWICK CON ALESSANDRO TOPPI – dalle h. 17 Officina San Domenico  Iscrizioni alla Segreteria del Festival

Info e Biglietteria  IAT Andria – Piazza Catuma
tel 0883.290 402  www.casteldeimondi.com

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SCENA NAZIONALE  21.45 – Luogo: Officina San Domenico
LA BALLATA DEI LENNA HUMAN ANIMAL
di Paola Di Mitri   regia Nicola Di Chio, Paola Di Mitri, Miriam Fieno con Nicola Di Chio, Paola Di Mitri, Miriam Fieno  luci e visual concept Eleonora Diana  video e riprese Vieri Brini e Irene Dionisi costumi Valentina Menegatti

Debutta in prima regionale al Festival Internazionale Castel dei Mondi “Human animal” della compagnia La Ballata dei Lenna. Lo spettacolo scritto da Paola Di Mitri, diretto e interpretato da Nicola Di Chio, Paola Di Mitri, Miriam Fieno, ha vinto il Bando Hangar Creatività. HUMAN ANIMAL prende vita dalla lettura de “Il re pallido”, ultimo romanzo pubblicato postumo, punta dell’iceberg della produzione letteraria prolifica, labirintica e sperimentale dell’autore americano contemporaneo David Foster Wallace. Ne “Il re pallido” DFW descrive l’eroica quotidianità di un gruppo di funzionari dell’Agenzia delle Entrate di una cittadina di provincia negli Usa, con l’intento di indagare la noia, e la capacità/incapacità dell’essere umano di saper sopravvivere alla burocrazia. Wallace lascia incompiuto “Il re pallido” il 12 settembre del 2008, giorno in cui sceglie di uccidersi. Quello che ci arriva è un romanzo non finito nel quale possiamo scorgere sia le esistenze frammentate dei protagonisti e di rimando le fondamenta strutturali del romanzo, che respirare il tormento di Wallace nel tentare a tutti i costi di trovare un senso all’esistenza umana.
Da una parte: un ufficio illuminato dai neon, tre dipendenti dell’Agenzia delle Entrate e un’alluvione appena passata; dall’altra parte: una sala d’aspetto gremita dal pubblico. In mezzo a loro: uno schermo su cui lo spettatore seduto vede proiettato il video-reportage della giornata di lavoro che quei tre impiegati, intenti a ripulire dal fango pratiche e faldoni, stanno portando avanti. Che cosa significa restare umani nonostante la noia e la complessità burocratica del vivere quotidiano? A cercare di rispondere a questa domanda, è una telecamera che, in presa diretta, segue senza soluzione di continuità i tre personaggi e le loro azioni, restituendo una graffiante sequenza di primi piani, particolari, carrellate, soggettive che vanno a scavare nell’intimità profonda dei tre impiegati, fino a far emergere quell’ umanità di cui tutti noi, che siamo stati almeno una volta pubblico agli sportelli, ignoriamo tendenzialmente l’esistenza. Tutto è giocato sul limite che corre tra essere e non essere, tra realtà e finzione, attraverso quella strettissima linea di confine esistente tra la fiction e la non fiction, tra il teatro e il real cinema, stesso filo che ha più volte analizzato e percorso DFW con la sua produzione letteraria. Il corpo dell’attore giostra a negarsi attraverso la bidimensionalità dell’immagine per poi irrompere davanti allo Schermo e dichiarare la propria autorialità, ribadendo, di fronte all’occhio nudo dello spettatore, la sua presenza viva, tridimensionale, fatta di carne ed ossa.
E lo spettatore stesso diventa protagonista di un meccanismo che inconsapevolmente lo porta ad entrare e uscire di continuo dal ruolo di pubblico: prima teatrale, poi in attesa in una sala d’aspetto, poi televisivo e di nuovo teatrale, per riprendersi infine ciascuno il proprio posto. Attraverso una rappresentazione fatta di incastri e destabilizzanti relazioni, in cui esistenza ed oggettività fuoriescono dalle categorie di vero e falso, si gioca in un’esplorazione tra teatro e arti visive con gli elementi strutturali e letterari di DFW, che diventa, alla fine, lui stesso osservatore del gioco scenico.

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