PREZZI A CONFRONTO. La Facoltà di Agraria dell’Università di Bari, di recente, ha calcolato in 1.370 euro il costo complessivo sostenuto da un cerealicoltore pugliese per seminare, coltivare, curare e raccogliere il grano prodotto da un ettaro di terra. Il prezzo medio di un chilo di pasta realizzato con semola di grano duro, secondo un’indagine di Assoutenti, è di 1,95 euro, ma può arrivare fino a 4,7 euro; per un chilo di pane, il prezzo medio è di 4,7 euro ma a Ferrara arriva a 9,8 euro secondo le rilevazioni ufficiali del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
“Chi permette che a determinare il prezzo del grano italiano siano i grani esteri fa retrocedere il nostro frumento duro in serie B”, ha aggiunto Angelo Miano, presidente provinciale di CIA Capitanata, “perché ciò che viene importato massicciamente ha standard qualitativi, livelli di salubrità e costi di produzione inferiori a quelli che vincolano i cerealicoltori italiani”. Occorre valorizzare l’intera filiera 100% italiana del grano duro, garantendo un equo riconoscimento a produttori e trasformatori e assicurando la qualità e salubrità di grano, semola e pasta italiana ai consumatori. Per la produzione, in Italia, i cerealicoltori devono attenersi a un preciso e severo disciplinare che garantisce la migliore qualità e la massima salubrità del grano duro italiano. I diversi produttori esteri attivi sul mercato internazionale non hanno il medesimo disciplinare e le stesse regole vigenti in Italia.
COSA RISCHIA LA FILIERA. La Puglia è la prima produttrice italiana di grano duro, con una media che negli ultimi anni si è attestata attorno ai 9,5 milioni di quintali annui, il 30% dell’intera produzione nazionale. L’80% in provincia di Foggia, la parte restante trova dimora soprattutto nel Barese e nella BAT. “Il rischio è che, progressivamente, come sta già accadendo, diminuiscano le superfici coltivate e la produzione, lasciando sempre più spazio alla dipendenza dall’estero dell’intera filiera del made in Italy per i prodotti trasformati come pane e pasta”, ha spiegato Giuseppe De Noia, presidente di CIA Levante (Bari-Bat). “E’ un rischio che dovrebbe mettere tutti in allarme, perché stiamo parlando di qualità e salubrità, di benessere e salute per i consumatori”.
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