“L’Anticristo che è in noi” del 1946, scongiurante gli effetti, più che della “distruzione”, di un vero e proprio processo di “dis-creazione”, di cui sarebbe stato, o potrebbe esser, “gaudente” l’emblema del male, l’ Anticristo come “capovolgimento dei valori”. Ed è saggio che va letto congiuntamente al coevo “La fine della civiltà”, il fiore cresciuto sule rocce e un nembo avverso può far morire, salvo che nella memoria e nella “forza dello spirito” in grado di ricrearlo. Certo, è singolare la coincidenza di tempi, modi e interessi ( Biennale di Venezia 2013; prima partecipazione della Santa Sede; programma iconologico e ideologico; presenza di Koudelka, fotografo del 68 a Praga e del nomadismo; legittimazione di Monsignor Ravasi; notorietà dei siti archeologici fra Oriente e Occidente, da far gola ad appetiti di varia natura, e via dicendo ). “Che Dio disperda la profezia!”, diceva don Luigi Sturzo.
Giuseppe Brescia – Libera Università “G.B.Vico” di Andria
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