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Interveniva sul terreno del dissodamento storico e filologico a proposito delle relazioni tra Italia e Spagna nel Cinque e Seicento, uno dei lavori di Ezio Levi, “Il cenacolo italiano di Lope de Vega” ( quindi in volume, “Lope de Vega e l’Italia”, Firenze 1932, pp. 34 sgg.). Per ciò, il Croce, che da quegli studi di “erudizione passionata” era anche partito,ne rendeva contezza con l’articolo “Italiani che scrissero in ispagnuolo” ( 1895 ), poi accolto in “Aneddoti di varia letteratura” ( Bari 1953, I, p. 447 n.), a proposito delle notizie promesse su di una raccolta di poesie del patrizio genovese Tommaso Sibori che si proclamava “discepolo” di Lope de Vega.
In questo settore di ricerca storico-estetica, restava peraltro magistrale ( e forse, per tanti aspetti, lo è ancora )la industre e complessa opera di Marcelino Menendez y Pelayo, “Historia de las ideas estéticas en Espana”, in sette volumi, che nella Parte storica della sua prima “Estetica” ( Sandron, ma Vecchi, Trani 1902 ) Croce definiva titolo troppo modesto, visto l’amplissimo arco di orizzonti e perlustrazioni in tutta la storia europea del pensiero estetico, che il Menendez vi aveva sviluppato. E qui il riferimento a Tommaso Sibori cadeva nel II tomo ( pp. 80-84).Successivamente il Croce ha modo di pregiare il lavoro di Levi, “Francesco di Vannozzo e la lirica nelle corti lombarde durante la seconda metà del sec. XIV” (Firenze 1908), una prima volta in “La critica”, a. VII(1909), quindi anche negli “Aneddoti di varia letteratura” ( Bari 1954, I, 4). Dove poi il chiarimento metodologico si rende indispensabile, per Croce, è nelle “Conversazioni critiche” ( Bari 1924, II, pp.189-192), recensendo la di lui “Storia poetica di Don Carlos” ( Tip. Mattei, Pavia 1914 ), propriamente nella Sezione XVIII. “Indirizzi varii di storia letteraria. La storia dei ‘temi'”.
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“Il Levi ha narrato la storia di una ‘leggenda dei tempi moderni’, perché, com’egli giustamente osserva, lo spirito formativo delle leggende non si è spento nei tempi moderni come alcuni credono ( e come mai potrebbe spegnersi ciò che risponde a un bisogno eterno dello spirito umano ?). E ha condotto assai bene il suo lavoro, se anche si potrebbe notare che egli è andato un po’ troppo per le lunghe, e che ciò che appartiene propriamente al suo tema ( l’origine e il significato della leggenda di Don carlos )offriva materia per un semplice articolo o per un saggio. (..) La leggenda di Don Carlos è un aneddoto della guerra indetta nei tempi moderni al fanatismo, all’assolutismo e all’inquisizione, che comprimevano la libertà degli affetti individuali non meno che quella sociale e politica dei popoli ? Sta bene; ma a provare ciò bastavano non molte pagine, e, in fondo, col provarlo, non si fa altro che aggiungere un piccolo aneddoto alla storia di un grande e ben conosciuto moto spirituale. Ma il Levi, nella prefazione del libro, se la prende coi ‘censori’, che ammoniscono circa la confusione tra storia dei temi ( o storia di leggende ) e storia di poesia”. Qui il riferimento è personale, attutito dalla ironia e autocitazione di Croce stesso.
Giuseppe Brescia
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