Giuseppe Brescia e le “Generazioni del Tempo”, di Fulvio Janovitz

Le duecento pagine di “Generazioni del Tempo” di Giuseppe Brescia (Matarrese editore, Andria 2018 ) corrispondono, in realtà, a duemila o duecentomila, tante sono l’intensità teoretica dei temi, la inesauribile ricchezza dei percorsi, la serie infinita dei rimandi e richiami, con l’esplorazione delle varie fonti, che vi sono implicate. Ciascun saggio del denso volume tende ad aprirsi a ventaglio, nel caso dei più brevi, e di fatto si svolge – con i più sistematici ed estesi – in più direzioni, verso dei discorsi nei problemi paralleli o con lo scandaglio dello stato d’ogni ‘questione’ in campo storico e bibliografico, scandaglio che poi diven ta punto di fuga prospettico per ulteriori distese filosofiche, estetiche o ermeneutiche.Il tempo è da sempre il problema fortemente attrattivo e fondante per le ricerca di Giuseppe Brescia, erede di Antoni, Bassani, Assunto e Franchini. Il motto di uno scritto giovanile del ferrarese Max Ascoli (1917), ‘Genio è colui che lavora col tempo sul tempo’ (siamo nella età di Bergson, Einstein e Proust ) è assunto a emblema del libro e delle nuove sue riflessioni. Alla premessa tengono poi fede la entità degli acquisti e delle diramazioni epistemologiche: sulle modalità del tempo e la unificazione delle forze fondamentali dell’ universo, la teoria fisica e la simultaneità, l’azione a distanza e le trasformazioni di Lorentz, i buchi neri e il detto di Anassimandro.

Non essendo ‘riassumibile’, il volume ci consente soltanto un tentativo di mappatura dei testi e saggi, che riesca di qualche utilità al lettore e studioso di ermeneutica filosofica. “Generazioni del tempo”, anzitutto in senso teoretico: la cui prime germinazione è “In principio era il Logos”, ampia ed articolata lettura del primo versetto di San Giovanni, che presuppone e ridiscute – a sua volta – tutta una serie di altre interpretazioni e ricerche sulla parola e il linguaggio, la luce e le tenebre, la nuova teoria del giudizio e il ‘più alto fare’ (Karol Woytila, Assunto, Croce ). La seconda è la scansione della ‘Teogonia’ di Esiodo, per ‘La grammatica del caos’. Veramente illuminanti sono i saggi ‘Trascendentalità del tempo’ e ‘Modalità del tempo’, che si distendono sino al riepilogo conclusivo, ‘La fucina del mondo. Modi della complessità’, soddisfacente visitazione degli idealtipi di ‘modi categoriali’ o princìpi regolativi nella storia della filosofia ( da Aristotele a Kant, da Goethe a Popper, da Caillois a Hirscham o Calvino ). Si intrecciano “Generazioni del tempo”, in senso estetico, secondo l’assioma coniato a partire dal 1978 da Giuseppe Brescia, “L’arte tanto intuisce quanto prospetta”: “Autonomia dell’arte, tempo e senso del celeste dal barocco alla modernità: il posto dello Schopenhauer”; “Interpretazioni del gioco”; “Secondo il man-tenimento”; “Temporaneità (fotografica ) e temporalità (pittorica)”; sino ai vertici di opera-mondo “James Joyce: lettera dalla posterità”. Vi sono, infine, le “Generazioni del tempo”, in senso storico. Rientrano in questo gruppo: “Vico e il riformismo”; “Enrico Cenni e Croce. Il diritto al diritto”; “La generazione italiana del tempo vissuto”; “Sul carteggio Bassani-Caretti”; “Guise del tempo e della libertà. Marx “possibile” e Libertà indivisibile”; “Controcorrente. Per Anna Frank, Dora Markus e le altre”; “Alberto Cavaglion e gli anagrammi di libertà”; “Da Filippo Turati a Gaetano Arfé e Piero Lacaita”; “Vitalità è Libertà. La lezione di Giuseppe Galasso”; sino ai fondamentali “Not any way. ‘Casta meretrix’ e apoteosi del relativismo” e “I nuovi ‘Ossessi’ e la protesta morale di Dostoevskij”, di grande impatto sulla drammatica situazione della generazione attuale, esperta delle stagioni nichilistiche europee. Ci sono, nel lavoro, tratti genialità. Siamo alle prese con un libro “heideggeriano”, sulle tracce di “Sentieri interrotti”, qui ripensati attivamente dal Brescia nei trattati di “Modalità del tempo” e delle “Interpretazioni del gioco”. Interagite pure con l’autore e sul sito dell’ editore di Andria, senza esitazione né timori di aprire le porte ai misteri del tempo, alle vecchie e nuove chiavi di lettura della categoria fondante dello spirito, della natura e della storia.
Fulvio Janovitz

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