“Not any way”. Casta meretrix e apoteosi del relativismo, di Giuseppe Brescia

“Not any way”. Casta meretrix e apoteosi del relativismo, di Giuseppe Brescia
La Chiesa, Casta meretrix, “peccatrice santa” o “meretrice santa”, conosce una lunga tradizione esegetica, che contempla preminente il paradigma della “accoglienza”, o della disponibilità alla apertura universale nei confronti di tutti gli uomini. Me ne sono occupato svariate volte in Del vitale, La profezia e le ipotesi e – con l’amico Beniamino Vizzini – Tempo e Idee. “Sapienza dei secoli” e reinterpretazioni. “Giuseppe Brescia, raccogliendo la lezione ermeneutica di Caolo Antoni, mira chiarificare, con profondità ed esaustività di pensiero, ampiezze e prospettive della vitalità in Croce, fino a conseguire un’intuizione, a nostro avviso, davvero singolare nel suo rapporto con la lettura allegorico-spirituale di un passo della Genesi proposta da Sant’Ambrogio. In quel passo sta scritto che Tamar ‘aveva nel grembo due gemelli. Durante il parto, uno di essi mise fuori una mano e la levatrice prese un filo scarlatto e lo legò attorno a quella mano dicendo ‘Questo è uscito per primo’. Ma, quando questi ritirò la mano, ecco che uscì suo fratello. Allora ella disse: ‘Come ti sei aperto la breccia ?’ e lo chiamò Perez ( in ebraico Perez significa Breccia ).

Poi uscì suo fratello, che aveva il filo scarlatto alla mano, e lo chiamò Zara ( in ebraico Zerah vuol dire Bagliore d’aurora )’. Dopo aver riportato l’esegesi di Ambrogio ( i. e.: della Chiesa Casta meretrix, per aver accolto tutti, anche fuori dell’ordine previsto ), Brescia ha cura di notare in aggiunta che ‘la temporalità, come successione-simultaneità-permanenza, entra prepotentemente in gioco nell’interpretazione del passo, ché, infatti, non si fa in tempo a segnare il braccio del primo figlio che spunta dall’utero, individuandolo con un laccetto rosso, che il gemello che sarebbe dovuto venire dopo alla luce si fa breccia, capovolgendo l’ordine della previsione. Ecco, allora, che il laccio è la promessa, la fides concessa e poi smentita; ma la breccia irrompe, sgomitando, e sopravanzando e scacciando la prima promessa’, esattamente come – vien quasi da immaginare – irrompe e fa breccia la natura irrazionale della vitalità ‘irruente’ e violenta, sopravanzando la natura etica della razionalità che è vitalità spirituale, vera potenza d’origine della persona”. Così, rosminianamente e crocianamente, il teoreta Beniamino Vizzini recupera i fili della mia esegesi, nella sua inoltrandola, in Per una discussione intorno al problema della libertà. Cenni per un colloquio di ermeneutica morale con Giuseppe Brescia, impegnativa Postfazione di Tempo e Idee ( Libertates Libri, Milano 2015, pp. 265-277 ).

Ora, l’ermeneutica filosofica, sì complessa e profonda, torna attuale e incisiva nella crisi etico-politica, sol che si rifletta – per ulteriore ma ineludibile ‘aggiunta’ – alla autentica “apoteosi del relativismo” culturale e ideale, che per più e convergenti aspetti sembra squadernarsi e diffondersi ( dopo esser stato inaugurato e licenziato ), sotto i nostri occhi. Abbiamo il “tutto va bene” in epistemologia ( Feyerabend, come dire “la festa della sera”: ossia – e ora – del nostro “tramonto” ? ). Abbiamo il relativismo nelle ideologie, nei pontificati, nei partiti e movimenti politici. Abbiamo il relativismo nel dilagare dei dibattiti e dei “talk show”, dove però commentatori affondati nei divani delle televisioni e nel sovrapporsi delle voci, si lasciano sfuggire i punti essenziali del discorso, attinenti la sfera dei princìpi e della coltura, qualle coltura che risponde all’accordo di mente e animo, del dire e del fare, la “religione della libertà”, di cui insegnava le “guise” Benedetto Croce, chiarendo che “i princìpi costitutivi non cangiano” ( segnatamente negli anni Trenta, così drammatici e anzi altamente tragici, del secolo scorso, in Filosofia e storiografia e nella nota“Il mondo va verso..”).

Abbiamo l’eccesso della “rettorica”, la “rettorica”, assolutamente ora trasversale, delle fraseologie “dopo di che” ( attuale Repubblica ); una volta superate le altre, della “misura in cui” ( nella prima Repubblica ), e dei tanti “ovviamente” o “ma guardi” ( seconda Repubblica, dopo il “1994” ): quel malvezzo della “rettorica”, verso cui poneva in guardia Francesco De Sanctis nel suo elevato “Discorso di Trani” del 1883. L’Italia del Risorgimento e del liberalismo, della educazione e della onestà intellettuale e morale, non è questa soltanto; ma “non se la beve”, nemmeno. Prima dei discorsi economici o economico-statistici, degli accorgimenti e dei provvedimenti, degli accomodamenti strategici, delle false o interessate previsioni e dei vari opportunismi, ci sono i valori; la dignità e bellezza della persona umana; l’educazione, la cultura, con la critica del motto “Il mondo va verso..” e il ripudio del carro del vincitore. “Storicismo non è relativismo”; il vichismo italiano non è l’ historismus tedesco, – aveva ripetuto instancabilmente il filosofo triestino Carlo Antoni. Così, Pantaleo Carabellese, fautore dell’ ontologismo critico, e Rosario Assunto, filosofo dell’ arte del paesaggio e del Tempo; con Sergio Hessen, sostenitore della “pedagogia dei valori”.

Né sarebbero da annoverarsi tra i “relativisti” pensatori politici quali Luigi Sturzo, Gaetano Salvemini, Piero Calamandrei, Aldo Garosci, Leo Valiani, Carlo L. Ragghianti, Max Ascoli, Giorgio Bassani, Raffaello Franchini, la cui opera Eutanasia dei princìpi logici sembra riversarsi nell’attuale “Eutanasia dei princìpi pratici”. Si è diffuso un malinteso accreditamento del “marxismo liquido”, o della “società liquida”, sulla scorta del pensiero di Bauman: con l’avvertenza – però – che tutto ciò non può legittimare il “non siamo né di destra né di sinistra né di centro”; e van bene tutti i “flussi elettorali”; “Dipende, da che punto guardi il mondo, tutto dipende” ( per dirla con un cantautore dell’America latina, una volta di successo ); e accoglienza e accoglienza e accoglienza, senza discrimini né regole; abolizione, o elusione, del “diritto”, nella “patria del diritto” e delle “guise della prudenza”; integrazione di più integralismi, “che si integrano”; e falce e martello infissi nei crocifissi; Cina e Corea del Nord accreditate nel “libero mercato”, mentre la cyberdittatura imperversa paurosamente, e così via. Certo, si potrebbe obiettare: – Ma codesti autori e pensatori, chi li conosce ? E i loro libri, chi li legge più ? – Né si vorrebbe negare, con la parte di verità contenuta nella virtuale obiezione, un moto di smarrimento e sgomento che a volte prende, di fronte alle sorti dell’educazione e della scuola, tanto spesso e sempre di più attraversate da una sorta di “ircocervo del Duemila”, congiungente tecnologia con ideologia. Pure, a scongiurare il moto di momentaneo abbattimento, basta pensare di aprire la rete della conoscenza, reperire fonti e autori, riandare ai testi o incrociare i dati e le conoscenze delle conoscenze – ancora -, per ritrovare il prodigio della “infinità della interpretazione”, sul paradigma del finale del film Interstellar, alle spalle della biblioteca-parete che divide, e insieme congiunge, la figlia e il genitore astronauta.


D’altra parte, non esistono forse le conseguenze non volute di azioni umane intenzionali, giusta la dimostrazione della scuola austriaca di economia, e dunque la “infinità delle catene causali”, nelle relazioni tra gli individui, egregiamente sostenuta e ripresa dal nostro Dario Antiseri ? Al quale, pur in parziale dissenso sul versante dell’accreditamento del relativismo, ci permettiamo di sottoporre ed allegare la “infinità delle interpretazioni”, con l’inesauribilità della persona, il classico “Deus est in nobis”, a giustificazione di un ritorno ai princìpi ( v. il mio Le ragioni del pensiero debole, già in Ethos e kratos, Bari 1994 ). Inoltre, quanto più grave si fa la crisi, tanto di più la memoria storica e la sapienza dei secoli ( sottotitolo del mio citato volume del 2015 ) esigono ausilio dalle persone “intelligenti”, tali che formano l’ effettiva “classe dirigente” di un paese ( diceva Benedetto Croce ), nella creazione del migliore avvenire. Nessuno ha ricordato – ad esempio – che il 4 marzo è data, non solo di tornata elettorale, ma dell’anniversario di nascita dello scrittore e testimone di libertà Bassani ( Bologna 1916 ); né che la cosiddetta “legge truffa” del 1953 era sostenuta dal gruppo del “Mondo” di Mario Pannunzio e dallo stesso Gaetano Salvemini, nella prospettiva di poter garantire governabilità alla Italia. Gli attuali “pontefici minimi”, alfieri di “filosofia minima” ( sia lecita la scherzosa serietà ), asseverano invece la necessità di agevolare la fine della socialdemocrazia nell’alveo di un nuovo movimento politico pentastellato, ignari di tutto ciò.

Ora, i flussi elettorali del 2018 hanno riconosciuto una percentuale di consensi elettorali anche superiore al cinquanta per cento, specie nel Mezzogiorno d’Italia, in favore del movimento politico sopra citato ( circa del venti per cento maggiore, rispetto al restante territorio nazionale ), concorrendo a tali esiti non soltanto le promesse assistenzialistiche di turno, ma proprio una forma di “intesa liquida” raggiunta con prelati e associazioni “caritatevoli” operanti in favore dell’allargamento del fenomeno della indiscriminata immigrazione. Si torna, o si tornerebbe, in questo modo, al tema della Chiesa, “Casta meretrix”, da cui siamo partiti. Ora, per la stessa ragione, ai ‘flussi’ potranno sempre corrispondere – nel sopravanzare delle occasioni e delle generazioni del tempo – altri relativi ‘controflussi’ elettorali, a fronte di prove di sviamenti e fallimenti conseguiti. Per ciò, il valore della coscienza morale resta sempre il più certo e sicuro. “Non vi date , dunque, pensiero di dove vada il mondo, ma di dove bisogna che andiate voi per non calpestare cinicamente la vostra coscienza, per non vergognarvi di voi stessi. Cosa, sotto un certo aspetto, più difficile di quella di seguire il mondo dove esso va; ma, sotto un altro, assai più agevole, perchè, se la prima via non è senza perplessità e sorprese, la seconda, aspra che sia, per lo meno è certa e sicura” ( Croce, 1033 ).

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