Prima di Castel del Monte, sullo stesso colle c’era una città perduta: ecco resti di Rudas descritti da Alfredo Logoluso

In occasione dell’incontro pubblico promosso per la tutela dei beni ambientali e archeologici di Murgia Santa Barbara, organizzato ad Andria dagli attivisti dell’Associazione “Italia Nostra” con il presidente di sezione Dott. Francesco Inchingolo e svoltosi il 24 novembre 2023 con ampia partecipazione di cittadini e rappresentanti istituzionali insieme al Sindaco Avv. Giovanna Bruno, si è parlato tra l’altro dell’antica localita’ di “Rudas“, indicata nella celebre “Tabula Peutingeriana” e ancora oggi di enigmatica ubicazione, costituendo da oltre due secoli oggetto di ricerca e discussione tra studiosi o archeologi, i quali hanno supposto di poter posizionare lo stesso toponimo in punti diversi entro un’area del territorio apulo delimitata a ovest dal basso corso del fiume Ofanto, a nord dalla costa adriatica compresa tra la foce ofantina e l’insenatura marittima barese, a sud ed est dalla linea congiungente i centri abitati delle antiche città di Bari, Bitonto e Venosa (Barium, Butuntos e Venusie nella grafia latina della Tavola di Peutinger).

La comparsa di Rudas.

Il primo riferimento in ordine cronologico alla località e toponimo di Rudas, riscontrato in rappresentazione geotopografica o cartografica, si trova nel “segmento VI” della Tavola Peutingeriana, copia medioevale su pergamena di un antico “itinerarium pictum” romano (carta geografica stradale a uso verosimilmente militare) di cui non si conosce l’originale ne’ una datazione precisa, sebbene si ritenga, in base a studi comparativi eseguiti sulla riproduzione e sull’iconografia complessiva del documento (conservato in Austria), che la compilazione della “carta” originaria, inclusiva di puntuali aggiornamenti o integrazioni, risalga tra i Secoli III e V dell’Era volgare. Sin dall’Alto Medioevo quindi, l’originaria mappa stradale romana o copie e riproduzioni parziali della stessa erano conosciute ad amanuensi e viaggiatori che avrebbero variamente descritto i percorsi programmati o seguiti attraverso le terre e sulle strade o vie rappresentate nelle “carte” loro disponibili, la trasposizione grafica o testuale di raffigurazioni schematiche e annotazioni producendo generalmente una successione di modifiche o alterazioni volute od obbligate o involontarie relative agli interventi di ricopiatura e ridefinizione.
Successiva comparsa di un toponimo desinente in “…udas” con riferimento all’ambito geografico dell’Apulia romana, si rileva nell’elencazione “ordinata” tratta dalla “Ravennatis Anonymi Cosmographia“, manoscritto anonimo compilato a Ravenna, capitale dell’esarcato bizantino in Italia, durante il dominio dell’Imperatore d’Oriente Costantino IV tra gli anni 668 e 685. Si tratta di una raccolta toponomastica riepilogativa, ricavata da documentazione geografica e letteraria pregressa, che non ha implicato verifiche dirette da parte del compilatore circa la congruenza delle sequenze dei nomi di localita’ elencati in rapporto a possibili tragitti compiuti o utilmente pianificabili, dato che nelle liste itinerarie del manoscritto non sono riportate distanze tra i luoghi indicati, espresse in unita’ di misura lineari ne’ in termini alternativi secondo giornate di viaggio o di cammino. La “Cosmografia” dell’anonimo ravennate include infatti il toponimo “Budas”, evidentemente affine a “Rudas” o corrotto dallo stesso termine della “Tabula Peutingeriana”, leggendosi nel IV Libro (passo 282.IV 35 righe 9-13): “Item est civitas quae dicitur Butuntos, Rubos, Budas, Canusio“. Si deduce dalla stesura del passo che le localita’ chiamate “Rubos“, “Budas” e “Canusio” (corrispondenti a Ruvo, Rudas e Canosa) si troverebbero entro una stessa area geografica e sarebbero eventualmente raggiungibili in successione, tuttavia seguendo un itinerario topograficamente non determinato e percorrendo distanze non specificate. Nessuna informazione ulteriore o di maggiore dettaglio geografico o topografico si ricava dalla lista toponomastica (Bitonto – … – Canosa) come presentata nel documento anonimo e in particolare nessuna precisazione su tipologia, orientamento, sviluppo e lunghezze di eventuali tratti viari congiungenti le localita’ indicate. Inoltre, rilevando nella lista la presenza di un toponimo non riportato dalla “Tabula Peutingeriana” (ovvero “Canusio“) e di un altro difforme o corrotto nel testo (“Budas” in luogo di “Rudas“), si conferma come la composizione del manoscritto anonimo di Ravenna sia avvenuta per commistione o accorpamento e approssimativo riordino o risistemazione in sequenze di toponimi variamente reperiti tenendo presenti carte e fonti documentali diverse, antiche o relativamete recenti nell’Alto Medioevo.

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Alterazione ed equivoco.

Ancora oltre un millennio dopo la prima compilazione del manoscritto ravennate, una ulteriore manipolazione plausibilmente arbitraria veniva operata modificando in ricopiatura taluni particolari figurativi della “Tabula Peutingeriana” con la reinterpretazione e ricollocazione di elementi cartografici e toponomastici riferibili ai secoli compresi tra tarda antichita’ e Alto Medioevo; nel 1782 si pubblicava infatti, a cura dell’abate francese Jean Baptiste Claude Richard de Saint-Non, una stampa riproducente l’Italia meridionale a corredo dell’opera “Voyage pittoresque ou description des royaumes de Naples et de Sicile” (edita a Parigi in dispense periodiche tra il 1781 e il 1786); l’illustrazione si basa sui segmenti VI e VII della “Tabula” di Peutinger includendo l’Apulia e ricopiando quasi pedissequamente la cartografia peutingeriana: tuttavia, in corrispondenza del toponimo “Rudas“, si nota una evidente modifica apportata alla rappresentazione di base, consistente nell’introduzione (soggettiva e ingiustificata) di un tratto stradale che attraversa (presumibilmente tramite un ponte) il corso del fiume disegnato in vicinanza (Ofanto) e collega la localita’ di “Rudas” al simbolo grafico delle “due case” (o “torri anonime” identificato da alcuni studiosi con il centro antico e attuale di Ariano Irpino) posto nel punto di congiunzione dei due tratti viari provenienti rispettivamente dalle localita’ di “foro novo” (a sinistra) e “furfane” (a destra) secondo i toponimi corrispondenti riportati nella “Tabula” di Peutinger tra “Rudas” (a nord) e la rappresentazione schematica lineare della catema montuosa appenninica napoletana (a sud) presso Benevento. L’aggiunta arbitraria di un tratto viario inserito tra il toponimo “Rudas” e la localita’ (anonima) indicata dalle “due case” presenti sopra le scritte “XII” e “furfane” (rappresentazione stradale inesistente nella “Tabula Peutingeriana”) comporta come conseguenza (eventualmente o apparentemente premeditata) la supposizione di un collegamento indiretto tra la localita’ di “Rudas” e l’altra indicata con il toponimo “erdonia” nella “Tabula” di Peutinger e situata sulla strada tra i siti di “furfane” e “ad pirum”. In tal modo potrebbe sottintendersi erroneamente la localizzazione lungo una stessa strada (o via carrabile lastricata di eta’ romana imperiale) della localita’ chiamata “Rudas” e dell’antica città dauna di Ordona, nel IV Secolo municipio romano di Herdonia (i cui ruderi e resti murari si trovano presso la sponda destra del fiume Carapelle a distanza di circa 34 chilometri dal mare). Infatti tale supposizione non corrisponderebbe alla realta’ geografica del territorio e all’antica toponomastica dei luoghi, perchè la località denominata “erdonia” nella “Tabula Peutingeriana” non coincide con la citta’ romana di Herdonia (o Erdonias, Herdonea, Herdoniae, Heridoniae, Serdonis, Erdonis, Ardonea, assente dalla “carta” di Peutinger con qualsiasi toponimo) ma costituisce un punto diverso di rilevanza topografica (situato tra Ariano Irpino e l’alto corso dell’Ofanto) come riconosciuto da studiosi italiani e stranieri tra i Secoli XVI e XX (v.: E. Salvatore Laurelli, La via “Minucia”: note di geografia e topografia antica, Archivio Storico Pugliese, XLV, 1992, Societa’ di Storia Patria per la Puglia, Bari, pp. 7-30 e Figg. 1-4). Simili manipolazioni grafiche eventualmente compiute negli ultimi secoli con inopportune intenzioni migliorative e in buona fede o meno, come possibili ulteriori alterazioni dello stesso genere o testuali operate in modi e momenti diversi su documenti analoghi, avrebbero contribuito a fuorviare ricercatori e studiosi moderni od odierni dalle interpretazioni corrette circa la lettura e la comparazione di antiche carte geografiche o topografiche o stradali, oppure di liste toponomastiche ordinate (in lingua latina: “itineraria picta vel adnotata”). Esempio indicativo di erronea localizzazione geotopografica su territorio “reale” per un luogo determinato e nominalmente identificato, ma non correttamente posizionato in seguito a incerta interpretazione e/o sopravvenuta modifica di rappresentazione cartografica antica, si riconosce precisamente nel caso della localita’ indicata con il toponimo “Rudas” nel Segmento VI della “Tabula Peutingeriana“: in particolare quando e laddove, per una serie di motivi criticamente analizzabili ed esplicabili, lo stesso sito di “Rudas” viene supposto sbrigativamente come “mansio” (alloggio di sosta o pernottamento per viaggiatori) o “mutatio” (stazione di cambio del bestiame da traino o cavalcatura) posta lungo il percorso in Apulia dell’antica Via Imperiale Traiana (altrimenti detta impropriamente “Appia Traiana“), strada fatta realizzare “pecunia sua” tra Benevento e Brindisi dall’Imperatore Marco Ulpio Nerva Traiano all’inizio del II Secolo, in parte rifacendo, lastricando, elevando, raccordando, ristrutturando e/o restaurando tratte viarie precedentemente in uso sul territorio riunito dall’Imperatore Cesare Ottaviano Augusto nella “Regio Secunda” di Apulia (comprendente aree delle attuali Campania e Basilicata) e Calabria (nel I Secolo corrispondente alla penisola salentina).

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Un “fantasma” sulla Via Traiana.

Toponimi di citta’ o stazioni (“stationes” o “tabernae”), “mansiones” e “mutationes”, allineate lungo la “Via Traiana” e in esistenza tra i Secoli II e V si trovano variamente riportati nelle liste ordinate di “itineraria adnotata” come l’Itinerario Antonino risalente tra gli anni 138-222 e l’Itinerario Burdigalense datato agli anni 333-334, entrambi documenti caratterizzati dalla notazione delle distanze in miglia romane (“milia passuum” con un miglio equivalente a circa 1478 metri lineari) intercorrenti tra le localita’ indicate, analogamente a quanto si rileva nella “Tabula Peutingeriana” (in ogni caso le “miglia” trovandosi convenzionalmente espresse da numeri romani). L’Itinerario Antonino riporta la sequenza: Ecas (Troia) – Erdonias (Ordona) XVIIII (19 milia passuum o circa 33,8 Km); Erdonias – Canusio (Canosa) XXVI (26 m. p. o c.a 38,4 Km); Canusio – Rubos (Ruvo) XXIII (23 m. p. o c.a 34 Km); Rubos – Butruntus (Bitonto) XI (11 m. p. o c.a 16,2 Km); Butruntus – Varia (Bari) XII (12 m. p. o c.a 17,7 Km). L’itinerario Burdigalense riporta la sequenza: civitas Beroes (Bari) XI, mutatio Butuntones (Bitonto) XI, civitas Rubos (Ruvo) XI, mutatio Ad Quinto Decimo (Tavernola, da “tabernula” in latino) XV (15 m. p. o c.a 22,2 Km da Ruvo), civitas Canusio (Canosa) XV, mutatio Undecimum (Cerignola) XI, civitas Serdonis (Ordona) XV, civitas Aecas (Troia) XVIII (18 m. p. o c.a 26,6 Km).
La “Tabula Peutingeriana” non riporta completamente il tracciato e le tratte stradali dell’antica “Via Traiana” da Benevento a Brindisi, mancandovi contestualmente le indicazioni di citta’ e toponimi di stazioni, “mansiones” o “mutationes”, che evidentemente si trovavano lungo le parti viarie omesse sulla stessa carta e annotate invece (sebbene con toponimi e distanze non precisamente coincidenti) nei due itinerari antichi Antonino e Burdigalense. In particolare, nella “Tabula Peutingeriana” si puo’ riconoscere una parte centrale e pericostiera della “Via Traiana” passante in successione da Ruvo, Bitonto, “Celia” (Ceglie del Campo o Ceglie di Bari), “Enetiu” (Azetium c.a 3 Km a NE di Rutigliano), “Norue” (Conversano) e “Gnatie” (Egnazia) sulla costa marittima; o da Ruvo e Bitonto confluendo quindi nel tratto locale della “Via Traiana Maritima” (o “Via Litoranea”) da “Natiolum” (localita’ circa due chilometri a oriente dell’odierna Giovinazzo) e seguendo a “Barium” (Bari) ed Egnazia lungo la costa. Osservazione di fondamentale importanza e primario interesse per la ricerca e determinazione di un corretto posizionamento geografico della localita’ indicata dal toponimo “Rudas” nella “Tabula Peutingeriana”, consiste nella constatazione preliminare del fatto che la stessa “carta” di Peutinger non riporti tratti stradali o toponimi di citta’, stazione, “mansio” o “mutatio”, indicati lungo il noto percorso della “Via Traiana” compreso tra Herdonia (Ordona antica) e Rubos (Ruvo di Puglia), sviluppo invece geotopograficamente determinato con alto grado di approssimazione sulla base di recenti studi multidisciplinari comparati, compiuti integrando l’esame o riesame di documentazione archeologica con ricognizioni dirette sul territorio e l’ausilio di fotografie aeree o satellitari. Parallelamente, si rileva come il toponimo “Rudas” non compaia, alla lettera nè presumibilmente alterato o lessicalmente “corrotto”, in entrambi gli antichi “itineraria adnotata” Antonino e Burdigalense, che rappresentano i documenti noti maggiormente attendibili e utili per una descrizione o ricostruzione geotopografica del percorso effettivamente seguito dalla “Via Traiana”, presentando informazioni toponomastiche indipendenti e complementari confrontabili, insieme ad annotazioni delle distanze o lunghezze dei tratti viari o stradali riportati, comparabili tra loro e con indicazioni analoghe presentate nella “Tabula Peutingeriana”, dove tuttavia non si trovano complete per quanto riguarda l’itinerario della “Via Traiana” da Benevento a Brindisi e in particolare la tratta compresa tra Canosa e Ruvo. Dall’insieme delle considerazioni premesse, consegue che la localita’ indicata dal toponimo “Rudas” nella “Tabula Peutingeriana” non deve intendersi ne’ ritenersi una stazione o “posta” di alcun genere situata lungo il percorso della “Via Traiana” (che da Ruvo proseguiva verso ovest-nordovest raggiungendo Canosa) dato che la via diretta tra Ruvo e Canosa non viene rappresentata in alcun modo nella “Tabula” di Peutinger, mentre un tratto stradale evidentemente diverso (in uscita da Ruvo verso ovest-sudovest e quindi a meridione della “Via Traiana”) conduceva sino a “Rudas” coprendo un percorso di 12 “miglia romane” (o circa 17,7 chilometri).

Paesaggio peutingeriano.

Ulteriori considerazioni che portano a escludere la posizione della localita’ di “Rudas” lungo il percorso della “Via Traiana” e in particolare tra le città di Ruvo e Canosa, hanno carattere specificatamente geografico e cartografico (piuttosto che toponomastico o itinerario) e si riassumono in due osservazioni distinte ma complementari derivanti dall’esame della “Tabula Peutingeriana”. In primo luogo, si rileva dalla rappresentazione della “tavola” di Peutinger che la localita’ indicatavi dal toponimo “Rudas” e’ situata in un’area geografica contraddistinta dal simbolo cartografico indicante alture, monti o rilievi orografici in genere, convenzionalmente adottato e frequentemente ripetuto nel disegno della “carta” (simbologia che delinea e riproduce schematicamente sequenze “orizzontali” di dossi o creste montane di varia lunghezza in rapporto a limitate serie collinari o maggiori catene montuose rappresentate). Con riferimento alla geografia e all’orografia della Puglia centrale, l’area indicata nella “Tabula Peutingeriana” dal simbolo isolato delle alture prossime o limitrofe alla localita’ di “Rudas” coincide evidentemente (e per assenza di rilievi locali alternativi) con il territorio pertinente alle quote altimetriche maggiori della regione naturale dell’Alta Murgia, in proiezione grafica orizzontale delimitabile dall’isobara corrispondente all’altitudine di 500 metri sull’attuale livello del mare e avente un’estensione pari a circa 300 chilometri quadrati (superficie continua contenuta tra i segmenti meridiani e paralleli di coordinate 16° 05′ 00″ e 16° 30′ 00″ longitudine Est da Greenwich – 40° 52′ 00″ e 41° 06′ 00″ latitudine Nord). Tale configurazione complessiva del territorio nell’area considerata esclude chiaramente un ipotetico posizionamento della localita’ di “Rudas” lungo il percorso stradale diretto della “Via Traiana” tra Ruvo e Canosa, in quanto l’antica tratta viaria romana si trovava a distanza di oltre dieci chilometri verso settentrione dalle pendici settentrionali dell’Alta Murgia e a quote minori di 250 metri sul mare, mentre il tratto stradale compreso tra Ruvo e “Rudas” dirigeva verso l’Alta Murgia salendo a quote maggiori di 300 metri (e a fine tragitto approssimandosi ai 500). Un’altra indicazione geografica riportata nella “Tabula Peutingeriana” conferma la posizione di “Rudas” nell’area dell’Alta Murgia e quindi lontana oltre dieci chilometri dal tracciato della “Via Traiana”: l’origine o sorgente dell’antico fiume “Aveldium” (o “flumen aueldiu“), il cui corso è attualmente riconoscibile in gran parte lungo l’alveo e gli argini artificiali del canale denominato Ciappetta-Camaggio (che attraversa in gran parte tombato i quartieri sud-occidentali della città di Andria e sfocia in mare sulla costa detta di “Ariscianne” in localita’ “Falce del viaggio” tra Barletta e Trani), viene infatti chiaramente rappresentata nella “carta” di Peutinger come pertinente alle alture in adiacenza della localita’ di “Rudas”, ragione ulteriore per cui lo stesso toponimo non dovrebbe supporsi sul tracciato o in vicinanza della “Via Traiana”, in quanto simili presunte localizzazioni implicherebbero per il punto di origine del fiume una quota inferiore a 250 metri sul mare, evenienza fisicamente poco plausibile in relazione all’assetto idrogeologico del territorio e topograficamente non conforme alla morfologia del reticolo idrografico locale, oltre che inverosimile in confronto all’altitudine circa doppia corrispondente ai punti di origine dei corsi d’acqua di deflusso dalle pendici settentrionali dei preminenti rilievi murgiani. Come si deduce da ricerche di studiosi italiani e stranieri (v.: E. Salvatore Laurelli, cit.) il tratto stradale tra “Rubos” e “Rudas” nella “Tabula Peutingeriana” potrebbe rappresentare parte dell’antica “Via Minucia“, strada di Età romana repubblicana (possibilmente realizzata nel III Sec. a.C. per iniziativa del Magistrato Marco Minucio Rufo ricalcando tratti viari preromani non lastricati) avente percorso parzialmente riconoscibile da successioni discontinue di toponimi (e interposte distanze in miglia romane talvolta inesatte riportate sia negli “itineraria picta” che “adnotata”): tratta da “Brindisi” a “Gnatie” (passante per “Spelunis” e mancante di segnature stradali sulla “Tabula Peutingeriana” che riporta un percorso pericostiero di lunghezza totale eccessiva pari a XXVIII+XXI = 49 “milia passuum” ovvero circa 72 chilometri mentre la distanza tra Brindisi ed Egnazia su strada costiera attuale e’ inferiore a 60 Km e in linea d’aria inferiore a 55); tratta da “Gnatie” a “Norue” (passante per “ad veneris” sulla “Tabula” con percorso di VIII+VIII = 16 “milia passuum” o circa 24 chilometri corrispondente alla distanza in linea d’aria tra Egnazia e Conversano); tratta da “Norue” a “Butuntos” (passante per “Enetiu” e “Celia” sulla “Tabula” con percorso di lunghezza totale calcolata pari a circa 40 chilometri non essendovi riportata distanza tra “Norue” ed “Enetiu”); tratta da “Butuntos” a “Rudas” (passante per “Rubos” con percorso di XIII+XII = 25 “milia passuum” o circa 37 chilometri); tratto da “Rudas” a Minevium (Minervino Murge) non riportata nella “Tabula” (con percorso di lunghezza stimata su strada attuale pari a circa 20 chilometri sull’Alta Murgia); tratto da Minevium a Canosa non riportato nella “Tabula” (con percorso di lunghezza stimata su strada attuale pari a circa 15 chilometri); tratta da Canosa a Benevento passante in successione per “ad pirum” (Masseria Torretta dopo stimati 42 Km da Canosa con attraversamento del fiume Ofanto sul ponte romano circa 4 Km a ovest di Canosa), “erdonia” (Posta Fissa dopo XII m.p.; toponimo “Cerdonia” in Buonacciuoli, “Geografia di Strabone”, Venezia, 1562, Vol. I-IV, p. 116), “furfane” (Vallesaccarda dopo XVIII m.p.), “turres anonimae” (Ariano Irpino dopo XII m.p.), “foro novo” (Aeclanum odierna Mirabella Eclano dopo stimati 15 Km), Benevento dopo X m.p. da Eclano con attraversamento del fiume Calore. Escluso per le ragioni circostanziali evidenziate un ipotetico posizionamento di “Rudas” lungo la “Via Traiana” o nelle vicinanze della stessa strada, resta indispensabile un esame puntuale e particolareggiato della “Tabula Peutingeriana” al fine di localizzare l’effettiva posizione geografica del sito indicato dal toponimo “Rudas” nel Segmento VI della “carta” itineraria.

Sulle tracce di Rudas.

Una supposta etimologia del toponimo di plausibile derivazione latina suggerisce per la parola “Rudas” generiche analogie lessicali con i termini “rudus” e “rudera“, indicando verosimilmente il sito in considerazione come caratterizzato da residui di costruzioni e macerie lapidee cronologicamente anteriori all’età romana imperiale o precedenti l’epoca di riferimento della “carta stradale” originaria non conosciuta e presumibilmente riprodotta nella “Tabula Peutingeriana“. Per estensione di significato, “rudus” era chiamata in latino anche la mistura di pietrisco e malta che costituiva lo strato strutturale intermedio posato tra una base interrata di pietrame (“statumen”) e una stratificazione superiore di materiali mescolati (“nucleus”) formata da malta, sabbia e ghiaia, di normale impiego nella costruzione delle antiche strade pavimentate romane (come la “Via Appia” e la “Via Traiana”). Secondo un altro parere espresso da studiosi e linguisti diversi, il vocabolo “Rudas” (come i ricorrenti o alternativi toponimi antichi pugliesi Rudae, Rudiae, Rudiai, Rodiae, Rhudie, Raudia, Rudia, Rudius, ecc.) sarebbe parola di derivazione indoeuropea dalla radice fonetica e lessicale “rudh-” (o “reudh-“) avente significato aggettivale di “rosso” e con generico riferimento alla “terra rossa” dei depositi alluvionali caratteristici della regione pugliese (contestualmente, in idiomi o dialetti europei di area baltica il termine “rudas” indica il colore marrone o bruno rossastro mentre in lingue di ceppo slavo la parola “rdja” di pronuncia “rrgia” si riferisce al colore rosso ruggine e il vocabolo assonante “ruda” indica pure i minerali ferrosi di ossido rossastro; analogamente nella lingua inglese l’aggettivo “red” appare derivato dalla stessa radice a successione consonantica “r-d” che si riscontra nell’antica toponomastica apulo-calabra). Dalla “Tabula Peutingeriana” si ricava inequivocabilmente il dato oggettivo secondo cui la localita’ indicata sulla stessa “carta” dal toponimo “Rudas” distava dodici miglia romane da “Rubos” (Ruvo di Puglia) misurate lungo un tratto stradale che iniziava e si sviluppava a occidente della citta’ (o “statio”) di Ruvo sino a raggiungere l’area dei rilievi principali dell’Alta Murgia, luogo di origine del fiume “aueldiu” (o Aveldium o Aveldius). La distanza specificata in “XII milia” passi romani tra “Rubos” e “Rudas” equivale precisamente a 17736 metri lineari e rappresenta una misura fondamentale per determinare attendibilmente la posizione geografica della localita’ indicata con il toponimo “Rudas” nella “Tabula Peutingeriana”: considerando su cartografia odierna un settore territoriale avente conservativamente ampiezza angolare di 45 gradi con vertice posizionato nel centro topografico di Ruvo e asse mediano orientato in direzione est-ovest (ovvero in coincidenza con l’angolo delimitato nel piano orizzontale dalle due linee direttrici ovest-nordovest e ovest-sudovest), si rileva nell’area definita la presenza di una singola localita’ che riunisca le caratteristiche evidenziate dalla “carta” di Peutinger per il sito di “Rudas”, ovvero una distanza in linea d’aria da Ruvo pari a 17 chilometri (o tra 17 e 18 lungo il collegamento stradale diretto), l’adiacenza ai rilievi orografici preminenti dell’Alta Murgia e la vicinanza al punto di origine del fiume anticamente chiamato “aueldiu”. Tale unica località si riconosce agevolmente nel colle murgiano isolato di “Castel del Monte“, che dista precisamente dodicimila passi romani a occidente di “Rubos” e si eleva sino a 520 metri di quota sull’attuale livello del mare, rappresentando inoltre un sito idoneo e utile all’insediamento umano antico date in particolare la posizione della parte sopraelevata dominante sul territorio e la disponibilita’ continuativa di risorse naturali idriche e boschive nell’area circostante. Primaria conferma archeologica sulla frequentazione del colle di “Castel del Monte” sin da epoca precedente la colonizzazione romana in Apulia, si rileva dalle note dello studioso Antonio Jatta raccolte dalla fine del XIX Secolo e pubblicate nel “Bullettino di Paletnologia Italiana“, Serie III, Tomo X, Anno XXX, Parma, 1904 (“Avanzi della Prima eta’ del ferro nelle Murge Baresi”, pp. 32-79) e nell’opera di edizione postuma “La Puglia Preistorica”, Bari, 1914 (VI, 6, pp. 224-239; Tav. II), dove si segnalavano fra gli altri i residui litici dei tumuli funerari databili all’Età’ del ferro (IX-VII Sec. a. C.) individuati sulle pendici meridionali dell’altura in cima alla quale nel Medio Evo (XIII Sec.) si sarebbe edificato il “Castel del Monte”; la funzione sepolcrale della maggioranza dei tumuli osservati veniva dedotta dalla presenza di resti osteologici e frammenti delle lastre litiche di delimitazione dei loculi o ciste tombali, frammisti al pietrame disordinatamente ammucchiato in cumuli di pianta subcircolare aventi diametri da circa 4 a 9 metri e altezze proporzionali residue intorno al metro (da 0,60 a 1,10), mentre per diversi accumuli l’assenza di tracce ossee o pezzi di lastre dei loculi lasciava supporre che parte dei resti litici potessero rappresentare “avanzi di abitazioni” diroccate (coeve ai sepolcri) costruite con muri di pietre (ed eventualmente coperture a “trullo”) nelle stesse aree necropolari. In ogni caso, la presenza abbondante di residui lapidei in cumuli o variamente scomposti ed esposti sulle pendici del colle di “Castel del Monte”, ancora segnalati tra la fine del XIX Secolo e l’inizio del XX, appare evidentemente compatibile con l’indicazione del toponimo “Rudas” riportato sulla “Tabula Peutingeriana”, nell’accezione del rilievo di rovine litiche o macerie di antiche strutture e costruzioni disfatte.

Uno sguardo al territorio.

Riscontri di frequentazioni o situazioni insediative analoghe e coeve alle antiche emergenze evidenziate sul colle di “Castel del Monte”, si sono trovati in varie localita’ del territorio di Andria e limitrofo entro il raggio di una dozzina di chilometri dallo stesso sito collinare presumibilmente identificato dal toponimo “Rudas”. Resti di un grande insediamento cintato dell’Età del ferro e arcaica con relative aree necropolari e scarsi residui di circa sessanta tumuli sepolcrali (originariamente con diametri di base tra 4 e 12 metri) si trovano sul colle e sulle pendici (ovest, nordovest, nord, nordest) di Murgia Santa Barbara (a quote tra 240 e 260 m s.l.m.) circa 11 chilometri a nord-nordovest di “Castel del Monte” (risultandovi avviato nel 2023 un procedimento amministrativo di tutela archeologica da parte del Comune di Andria); resti di una necropoli dell’Eta’ del ferro con un centinaio di sepolcri a tumulo (aventi diametri di base tra 7 e 15 metri e altezze residuali massime intorno al metro, verosimilmente relativa a un insediamento coevo locale) si trovavano sul rialzo orografico di Monte Faraone (tra 230 e 240 m s.l.m.) circa 12 chilometri a nord di “Castel del Monte” (una trentina di tumuli sarebbero scomparsi tra il 1954 e il 1973 e gli altri dopo tale data); scarsi resti degradati di un insediamento dell’Eta’ del ferro e di relativi sepolcri a tumulo si trovano sull’altura di Monte Savignano (tra 630 e 660 m s.l.m.) circa 4 chilometri a sud di “Castel del Monte” (oggetto di rilievi archeologici dal 2012 su commissione dell’Ente Parco Nazionale dell’Alta Murgia); resti di una necropoli dell’Eta’ del ferro e arcaica con circa cinquanta sepolcri a tumulo e cista litica (in uso tra VII e VI Sec. a.C. e verosimilmente relativa a un insediamento coevo locale) si trovano nella Contrada San Magno in territorio di Corato circa 9 chilometri a sudest di “Castel del Monte” (a quote tra c.a 450 e 470 m s.l.m., dal 1987 oggetto di ricerca e studio archeologico da parte del prof. R. Striccoli dell’Universita’ di Bari). Gruppi ulteriori di sepolcri a tumulo risalenti tra l’Eta’ del ferro e arcaica furono segnalati dallo studioso Antonio Jatta all’inizio del XIX Secolo nel territorio regionale che si estende entro il raggio di circa 15 chilometri dal colle di “Castel del Monte” o presumibile sito di “Rudas”: in Contrada Spineto (o Spineta presso Masseria Monsignore) e presso Murgia Santa Lucia (entrambi intorno a 240 m s.l.m.) rispettivamente circa un chilometro e mezzo a sud e due chilometri a sud-sudest dalla cima di Murgia Santa Barbara; nelle Contrade Palese (tra c.a 330 e 350 m s.l.m.) e Bosco di Spirito (tra c.a 380 e 400 m s.l.m.) rispettivamente circa 4 chilometri a nord-nordovest e 6 a nordovest di “Castel del Monte”; in Contrada Petrone (o Monte Pietroso, tra c.a 480 e 500 m s.l.m.) circa 3 chilometri a ovest-sudovest di “Castel del Monte”; sul Monte Scorzone (tra c.a 640 e 660 m s.l.m.) e presso Masseria Jambrenghi (tra c.a 600 e 630 m s.l.m.) in territorio di Minervino Murge rispettivamente circa 9 chilometri a ovest-sudovest e 9 a sudovest di “Castel del Monte”; nelle Contrade Torre Disperata (tra c.a 660 e 680 m s.l.m.) e Acquatetta (tra c.a 580 e 600 m s.l.m.) in territorio di Spinazzola rispettivamente circa 9 chilometri a sud e 15 a sudovest di “Castel del Monte”; nelle Contrade Selva Reale (tra c.a 320 e 350 m s.l.m.) e Lama d’Api (tra c.a 400 e 420 m s.l.m.) in territorio di Ruvo rispettivamente circa 15 chilometri a est e 15 a sudest di “Castel del Monte”. Nelle immediate vicinanze delle necropoli segnalate con sepolcri a tumulo e ciste litiche risalenti all’Eta’ del ferro, sarebbero esistiti coevi insediamenti o nuclei abitativi capannicoli, non tutti archeologicamente rilevati e in massima parte oggi scomparsi come le tombe, o ancora limitatamente riconoscibili da residui litici e ceramici presenti in concentrazione o dispersione superficiale nei siti occupati dagli stessi abitanti che avevano realizzato le sepolture e i cumuli di pietre a copertura dei sepolcri o eventualmente residuali da strutture diverse. Con lo scopo di ricercare nuove conferme dirette alla frequentazione antica del colle di “Castel del Monte”, nell’ambito di un’iniziativa culturale indipendente volta a individuare la controversa posizione geotopografica della localita’ indicata dal toponimo “Rudas” nella “Tabula Peutingeriana”, alcuni osservatori e studiosi del territorio e di storia della Puglia, originari di Andria, Bisceglie, Canosa e Conversano, si sono riuniti organizzando un’escursione ricognitiva di superficie presso il sito del castello federiciano e dintorni che si è svolta il primo novembre 2023, ottenendo risultati positivi e inediti. Come previsto, nelle aree sommariamente ispezionate comprendenti la parte elevata del colle tra la base muraria del castello e i declivi circostanti a quote da circa 540 a 500 metri sull’attuale livello del mare, non si sono osservati residui lapidei in dispersione o concentrati in cumuli attendibilmente attribuibili a resti di sepolcri o di altre antiche strutture, in cui possano riconoscersi parti dei tumuli o di generici avanzi di pietrame segnalati dallo studioso Antonio Jatta oltre un secolo fa e verosimilmente scomparsi da decenni. Tuttavia entro un’area ampia circa un ettaro sulla parte sommitale del colle, a quota di circa 520 metri s.l.m. e distanza di 100 metri circa a sudest dalla base muraria dello stesso lato del castello, si sono rinvenuti sparsi sulla superficie del terreno alberato declinante verso sudest, diversi frammenti di ceramica vascolare in terracotta argillosa non depurata, appartenenti a varie classi “d’impasto” sicuramente databili al I Millennio a.C., ovvero a epoca precedente l’espansione e la colonizzazione romana in Puglia, quindi all’Eta’ del ferro e arcaica tra IX e V Secolo a.C.. Il maggiore di tali frammenti, residuo di parete avente spessore tra 12 e 13 millimetri, presenta un ampio raggio di curvatura orizzontale che corrisponde a un diametro medio del recipiente superiore al mezzo metro, ovvero pertinente a un contenitore in terracotta di grande capacita’ (quindi pesante e inadatto al trasporto se pieno) indicativo di un impiego statico, ovvero associabile a uso domestico o eventualmente a corredo funerario piuttosto che a funzionalita’ mobiliari; in ogni caso, le dimensioni del reperto avvalorano indirettamente l’ipotesi della presenza sul colle di un insediamento e/o di sepolture risalenti a oltre 2400 o 2500 anni or sono. Un altro frammento di parete vascolare in ceramica grezza, avente spessore di circa 9 mm, presenta un impasto ricco di minute inclusioni calcaree, risultando pertanto di plausibile pertinenza a un recipiente da fuoco, associabile come i grandi contenitori a uso tipicamente domestico in abitazioni o capanne di un insediamento stabile. Con ogni evidenza quindi, oltre 1500 anni prima che l’Imperatore Federico II di Svevia facesse costruire il suo più noto castello su quel colle, lo stesso luogo era stato il sito di un insediamento apulo ancora frequentato in Età romana imperiale e indicato con il criptico toponimo di “Rudas“.
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Alfredo Logoluso
Bisceglie, gennaio 2024

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